venerdì 19 dicembre 2014

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 "Sono stato sempre orgoglioso nei miei oltre 40 anni di carriera come fotogiornalista dell'offrire dignità ai soggetti che fotografo, specialmente quelli che sono malati o in difficoltà di fronte a una fotocamera . Il mio recente lavoro in Liberia è stata una sfida per me. Il rispetto è una delle ultime e uniche cose che il mondo può offrire a un persona che è morta o sta per morire,  la fotocamera stessa a volte sembra un tradimento di quella dignità che si spera di offrire (...)  La storia va raccontata, così andiamo in giro con dolcezza e evitando intrusioni estreme (...) Raccontare Ebola vuol dire essere vicini, a distanza di scatto, con la devastazione del virus. Questo lavoro mi ha portato faccia a faccia con un altro aspetto dis-umanizzante del virus: la paura. Sapendo che un pericolo silenzioso si nasconde in una persona infetta da Ebola, un semplice tocco può farci ammalare. In Monrovia, dove è passato due settimane, la paura è sempre presente. Tra la gente, e tra i fotografi". Michel du Cille

Michel du Cille fotografo del Washington Post, vincitore di tre premi Pulitzer, è morto di infarto in Liberia mentre realizzava un reportage sull'epidemia di ebola. 

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