venerdì 30 settembre 2011

I pesci non chiudono gli occhi



" Il mio corpo non mi sta a cuore
e non mi piace.
E' infantile e io non sono più così.
Lo so da un anno, io cresco
e il mio corpo no. Rimanere indietro.
Perciò pure se si rompe, non importa.
Anzi, se si rompe, da lì dovrà venire
fuori il corpo nuovo."

Erri De Luca

"...io non posso chiudere gli occhi perchè se vedessi tu quello che vedo io non li potresti chiudere neanche tu ..."


giovedì 29 settembre 2011

La lotta del Bene sul male


"San Michele e l'arcangelo" dipinto autografo di Guido Reni realizzato con tecnica ad olio su seta nel , misura 293 x 202 cm. ed è custodito nella chiesa dei Cappuccini (Chiesa di Santa Maria della Concezione) a Roma.

Ciò che il pittore rappresenta è la continua lotta di Dio che chiama all'ordine il cosmo e si oppone al caos fino alla vittoria dell' Agnello sul drago.

Miti e leggende

Protesilao e Laodamia
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Protesilao era uno dei pretendenti di Elena. Protesilao era innamorato della bella Laodamia, figlia di Acasto (re di Iolco). All'inizio Acasto, nonostante la figlia amasse il giovane, non concesse la mano di Laodamia a Protesilao poiché il regno di Filace era molto piccolo e poco potente, ma alla fine acconsentì al matrimonio a causa dello scoppio della guerra di Troia. Nel matrimonio tra Elena e Menelao tutti i re della Grecia avevano giurato che se qualcosa avesse interferito con l'unione tra i due, questi sarebbero dovuti intervenire; Acasto non volendo partire per Troia decise di far sposare velocemente la figlia con il giovane Protesilao, in modo da farlo partire al suo posto.
Egli condusse quaranta navi con sé a Troia e fu il primo a mettervi piede: "Il primo uomo che osò sbarcare quando la flotta greca toccò la Troade".
Protesilao dopo aver passato una sola notte con la neo sposa partì per Troia ed ebbe la sfortuna di trovarsi nella stessa nave del grande eroe Achille; un oracolo aveva profetizzato che il primo Greco a toccare terra, sceso dalla nave, sarebbe stato il primo a morire nella guerra di Troia ,Achille vedendo che nessuno degli achei si faceva avanti decise di lanciarsi nel suolo troiano ma Teti, sua madre, lo fermò con una mano e con l'altra spinse Protesilao che cadde sulla spiaggia troiana e venne ucciso da Ettore figlio di Priamo, re di Troia.
Una volta sceso negli inferi Protesilao implorò Ade e Persefone di poter rivedere ancora una volta la sposa: i due dèi, infastiditi e un po' commossi, concessero allo sventurato un ultimo giorno di vita, e lo condussero fuori dall'Ade. Laodamia vedendo il suo amato marito far ritorno quasi impazzì dalla gioia; ma Protesilao le spiegò che generosamente i sovrani dell'Ade gli avevano concesso un ultimo giorno e che avendo poco tempo egli aveva intenzione di passarlo a fare l'amore con lei. Venne poi il momento del distacco: Laodamia decise allora di realizzare una statua con le fattezze del marito in modo da poterla abbracciare e dormire con essa.
Acasto, nei giorni successivi, notando l'assenza della figlia, mandò un suo servo a spiarla. Il servo riferì al re che sua figlia stava tutto il giorno chiusa nella sua camera ad amoreggiare con una statua e Acasto, per il bene della figlia, decise di far sciogliere la statua nell'olio bollente, ma Laodamia mentre la statua si scioglieva si gettò nel calderone ricongiungendosi così all'amato.
miti_greci




mercoledì 28 settembre 2011

Acqua





Acqua, pensavi di dormire

nel nido della terra

ma così non fu

sei spessa, solida, liquida

sei viva, ma non lasciarmi

non so vivere senza di te


Marcia Theophilo




L’acqua è protagonista della Settimana Unesco di Educazione allo sviluppo sostenibile 2011
(7-13 novembre 2011)“A come Acqua” è il titolo della sesta edizione .




Accarezzare l'arte ...




Accarezzare l'arte con la punta delle dita.
“Arte del tatto” nasce da una collaborazione fra l’Istituto dei Ciechi di Milano e il Museo del Louvre di Parigi. L’idea di una mostra tattile risale però a dodici anni fa, quando al Louvre venne allestita per la prima volta un’area specificatamente dedicata alle persone con disabilità visiva. Attraverso alcune riproduzioni di sculture già presenti nel museo, i non vedenti potevano così fruire attraverso il tatto, dei grandi capolavori del passato. Proprio con un’antologia di sculture della classicità si inaugurava questa galleria. Era il 1995. 
Ben presto ci si accorse che l’idea poteva funzionare anche per i vedenti. Usare le mani invece della vista permetteva di scoprire nuovi elementi nelle sculture e anche di sorprendersi delle proprie potenzialità percettive.



Esplorare sculture con le mani è l'innovativa proposta di “Arte del tatto”, una mostra di scultura allestita nella sede dell’Istituto dei Ciechi di Milano in collaborazione con il Museo del Louvre di Parigi.

I visitatori, al buio, sono invitati ad "ammirare" una ventina di capolavori affidandosi esclusivamente all’uso delle mani. 
Durante questo viaggio alla scoperta del bello, una guida non vedente aiuterà a affinare e valorizzare le percezioni tattili.
Le sculture esposte sono fedeli riproduzioni di opere già custodite al Louvre, destinate specificatamente alla sezione tattile del museo parigino. Ecco allora che utilizzando materiali come il gesso, la resina o il bronzo è possibile sfiorare con le mani gli stili e gli ideali che hanno attraversato la storia dell'arte.
Per facilitare la comprensione delle opere e per permettere di coglierne la figura complessiva sono state anche realizzate riproduzioni in scala ridotta. 

Arte del tatto è una mostra destinata ai vedenti e ai non vedenti.

Dal 23 ottobre 2011 a Milano

lunedì 26 settembre 2011

DOTTORESSA, IO NON SONO NORMALE!


La possibilità di essere se stessi, che è alla base di una sana autostima, si conquista sentendosi bene con i propri pensieri e con i propri sentimenti.

Qualsiasi essi siano.

Purtroppo, però, noi psicologi ci troviamo spesso davanti ad una sconcertante richiesta: i pazienti vogliono essere aiutarti a cancellare le loro emozioni per arrivare a non provarle più.

Raccontano di sentirsi diversi dagli altri proprio a causa di ciò che provano.

Giudicano eccessiva e sbagliata, la loro emotività.




“Aiutami a essere normale. Voglio essere come tutti gli altri!” ci chiedono pieni di dolore e di speranza.

Mi è capitato spesso durante la pratica clinica.

Tante persone approdano al mio studio disperate e arrabbiate con se stesse, pronte a disfarsi di una sensibilità che ai loro occhi appare sbagliata o, peggio, malata.



IO NON SONO NORMALE


“Dottoressa io non sono normale… spesso, quando guardo il telegiornale, mi viene da piangere”.

Angela mi guarda con i grandi occhi azzurri colmi di disapprovazione per se stessa.

E’ imbarazzata e preoccupata.


La ascolto senza commentare.

“… e non è solo il TG, mi succede anche con le amiche o addirittura con gente che non conosco. Basta che qualcuno mi racconti qualcosa e tac… io scoppio a piangere”

Fa un gesto con le mani come se aprisse una scatola e tutte le lacrime del mondo ne saltassero fuori.

“L’altro giorno ero al lavoro,” continua “una collega mi ha raccontato che è stato investito il suo cane ed io… mi sono dovuta allontanare con una scusa!

Altrimenti mi sarei messa a piangere. E le assicuro che non era proprio il caso!”

“Perché non era proprio il caso?” indago, alla ricerca di una spiegazione capace di convincermi che la comprensione e la condivisione del dolore degli altri siano qualcosa di così insopportabile e sbagliato.

“Perchèèèèè...?!!!!!” Angela sgrana gli occhi e mi guarda esterrefatta, sorpresa dal mio non capire quelle ragioni per lei fin troppo ovvie.

“Perché ho il cuore troppo tenero. Perché mi commuovo sempre, anche quando vorrei essere tutta d’un pezzo. Perché mi preoccupo per gli altri e finisco per dimenticarmi che dovrei pensare prima di tutto ai miei interessi. Perché non sono competitiva e per questo non riesco a fare carriera!” esclama tutto d’un fiato.

Poi tace, in attesa del mio consenso.

Cosa non va in queste cose?

Credo che se tutti fossero sensibili, capaci di provare emozioni e di comprendere gli altri, pronti a cooperare invece che a competere, il mondo sarebbe migliore.



Eppure i portatori di queste straordinarie caratteristiche vogliono disfarsene, per trasformarsi in esseri cinici senza un cuore, adatti a vivere in un mondo che, così facendo, corre soltanto verso la propria distruzione.

L’amore, le emozioni e la sensibilità non sono mai da curare.

Nella loro accettazione, espressione e valorizzazione sta il segreto della salute e la via per costruire un mondo più sano.

Il movimento Io non sono normale: IO AMO cerca di dare riposta a questa disperata (e ingiustificata) richiesta d’aiuto.



...PhoTO...



Su questa pagina bianca

Una macchia d'inchiostro -
Un corvo sulla neve.


Toranoya Suzuki,

SOGNA

Sogna il re il suo stesso regno,

e vivendo in questo inganno,

regna, dispone e governa;

ed il plauso che è fugace

riceve, lo scrive al vento

e la morte -sorge ingrata!-

in cenere lo trasforma.



E chi vorrà più regnare

sapendo che si risveglia

già nel sonno della morte?



Sogna il ricco, la ricchezza,

che tanti affanni gli reca;

sogna il povero la propria

tribolazione e miseria;

sogna chi accresce i suoi beni,

sogna chi cerca e s'appena;

sogna chi opprime ed offende;

e nel mondo, in conclusione,

tutti sognano ciò che sono,

ma nessuno lo comprende.

Pedro Calderon de La Barca


domenica 25 settembre 2011

IL SOFFIO CONTINUO DELL'ANIMA



Orfeo volse i suoi occhi: e Lei in un istante venne risucchiata
all’indietro,Euridice tese

Le braccia cercava di afferarlo,di essere presa, ma L’infelice non
strinse nulla, soltanto

Aria, Aria che fugge via…

Voltarsi indietro è stata un’improvvisa follia ?

Ed ecco l’emozione dell’Assenza.

L’eterno vuoto interno, cercare se stessi,e la perduta creatività.
In un muto silenzio..il Buio… la nebbia… il Canto.

“Sono arsa dalla sete e muoio. – Ebbene bevi

Alla sorgente inesauribile, a destra, dove si innalza il cipresso.

Chi sei? Da dove Vieni? – Sono figlia della

Terra e del Cielo stellato”
Nora Lux




Nora Lux , nasce e vive a Roma, dove sviluppa l'interesse per le Arti Figurative,il Cinema e il Teatro. Dopo il diploma di laurea in Visual Design fotografa, usa l' linguaggi diversi (Fotogrfia, video, teatro) frutto di una comune ispirazione della sua poetica artistica:la coesistenza della realtà concreta e della realtà “diversa”- esistenza invisibile, sfuggevole, astratta, atemporale.


Soffio, dal greco "ànemos" , soffio, vento, anima spirituale ed eterna, coscienza e personalità dell'essere umano, sinonimo di spirito, che continua a vivere oltre la morte. Soffio, indice di speranza, di leggerezza, di possibilità interiori, di cammino verso l'individuazione




sabato 24 settembre 2011

Jim Henson



James "Jim" Maury Henson (Greenville, 24 settembre 1936 – New York, 16 maggio 1990) è stato un regista e produttore cinematografico statunitense, inventore, creatore dei Muppets, avrebbe compiuto proprio il 24 di questo Settembre il suo 75° compleanno.

Artemisia Gentileschi
-Storia di una passione


"Io vi amo sebbene ne so contraccambiata al contrario. So benissimo tutti li fatti vostri,so quando voi andate da donne e quando andate all'osteria." ( Artemisia Gentileschi all'amante Francesco Maria Maringhi)



Una pittura densa di significato e di emozioni. Artemisia percorre una sua storia di pittore donna che per tutta la vita ha dipinto «da uomo», dedicandosi a tutti i generi, dalle storie antiche, alle immagini devozionali, al nudo, al ritratto, sino alla natura morta, non essendo mai confinata a un solo genere.
«L'unica donna in Italia che abbia mai saputo che cosa sia pittura, e colore, e impasto, e simili essenzialità...», scriveva, nel 1916 Roberto Longhi, di Artemisia Gentileschi. E tuttavia ci sono voluti più di tre secoli prima che la figlia di Orazio, nata a Roma nel 1593, vedesse riconosciuti i propri evidenti meriti pittorici, ora considerata come una delle artiste più influenti del Seicento europeo.
Per la prima volta l’ampia monografica milanese dà spazio all’intera produzione di questa eccelsa protagonista del Seicento europeo, seguendola, con documenti editi ed inediti, nelle sue non comuni esperienze di vita e riscoprendo un’artefice completa, di indubbio talento, che si è espressa in una variegata gamma di temi e generi pittorici.


La mostra sarà suddivisa cronologicamente nelle quattro fasi che contraddistinguono la sua vita: gli inizi romani tra l`opera paterna e gli sguardi rivolti a colleghi/concorrenti di Orazio;
gli anni fiorentini; gli anni venti a Roma, contumace il padre, lei stessa figura guida tra i naturalisti superstiti; il quasi quarto di secolo di attività napoletana: opere pubbliche e adeguata ricezione nazionale e internazionale delle sue qualità.
Milano, Palazzo Reale fino al 22 gennaio 2012




giovedì 22 settembre 2011

...PhoTO...

NUVOLE


Da sempre la rappresentazioni delle nubi muta con il passare del tempo e segue il pensiero filosofico imperante .
il pittore medievale non dipingeva mai una nuvola se non per posizionarci sopra un qualche angelo…” (Ruskin)
Prendiamo, ad esempio, le nubi soavi, stabili, rosazzurre della pittura rococò, la cui natura richiama il concetto di un’eterna primavera, o sempre relativamente allo stesso periodo, i cieli di Tiepolo che risultano affollatissimi di formazioni nuvolose primaverili ,o del primo scorcio d’estate, le quali rintoccano acutamente come le note dei concerti di Vivaldi. Cumuli e nembi sono speculari all’ottimismo gaudioso di quegli anni.Le nubi di Constable e Turner sono accelerate e tempestose, sfilacciate, cariche di tempesta tendono ad essere immagine del pathos dell’uomo dell’Ottocento.




Nuvole
Vanno
vengono
ogni tanto si fermano
e quando si fermano
sono nere come il corvo
sembra che ti guardano con malocchio

Certe volte sono bianche
e corrono
e prendono la forma dell’airone
o della pecora
o di qualche altra bestia
ma questo lo vedono meglio i bambini
che giocano a corrergli dietro per tanti metri

Certe volte ti avvisano con rumore
prima di arrivare
e la terra si trema
e gli animali si stanno zitti
certe volte ti avvisano con rumore

Vanno
vengono
ritornano
e magari si fermano tanti giorni
che non vedi più il sole e le stelle
e ti sembra di non conoscere più
il posto dove stai

Vanno
vengono
per una vera
mille sono finte
e si mettono li tra noi e il cielo
per lasciarci soltanto una voglia di pioggia.
Fabrizio De Andre'



mercoledì 21 settembre 2011

Gino Severini


Circa ottanta opere di Gino Severini, provenienti dalle più importanti collezioni pubbliche e private, italiane e internazionali, sono esposte al Mart fino all'8 gennaio 2012. A oltre vent'anni dall'ultima rassegna dedicata all'artista.Protagonista del futurismo, Severini svolse un ruolo fondamentale come tramite tra l'arte italiana e francese nel periodo delle avanguardie e, successivamente, del ritorno al classicismo.

Fragilità


Parla di fragilità tutto il lavoro di Silvia Camporesi: il suo «Acqua/Aria» è un censimento in cui ritrae adolescenti immersi nell’acqua o sospesi nell’aria, quasi a rendere tangibile lo spaesamento dell’età di mezzo e del transito in un elemento improprio.I soggetti sono immersi nell’acqua, come in un grembo da cui nascono le idee.


C’è silenzio, attesa , assenza di gravità dei corpi sospesi nell’acqua, è come se si stessero preparando a qualcosa, sembrano essersi appena svegliati da un lungo sonno senza punti di riferimento, dispersi nel nulla del mare o del cielo, non sembrano preoccupati. Sono in trasformazione. Nell’acqua, esprimono consapevolezza del proprio corpo; li tiene sospesi, l’acqua li protegge. Nell’aria, sembrano pronti a prendere il volo, con il passo sospeso e diretto verso l’infinito.

martedì 20 settembre 2011

NON UNO DI MENO

Insegnanti di sostegno: ogni anno la stessa storia
»Non uno di meno

“Lunedì inizia la scuola e non sappiamo cosa accadrà”, mi diceva nei giorni scorsi la mamma di Giovanni. Giovanni frequenta le superiori ed è portatore della sindrome di Down (promosso con la media del sette).

Ogni anno la stessa storia: iniziano le lezioni e non si conosce in maniera ben definita quale sia la disponibilità di insegnanti di sostegno ed educatori(due figure professionali differenti, ma non entro qui nel dettaglio). I giornali riferiscono delle denunce fatte dalle associazioni e delle dichiarazioni degli Enti locali, che si rimpallano le responsabilità, che in ‘amministrese’ significa costi, quelli soltanto.

C’è un dato dello scorso anno scolastico che ha destato in me una piacevole sorpresa: in Lombardia, nelle scuole, sono raddoppiati i ragazzi e le ragazze con disabilità grave. Significa che sempre più anche le persone con maggiori difficoltà accedono all’istruzione e questo mi pare molto positivo. Non corrisponde, però, il numero degli insegnanti e degli educatori, che non sale in proporzione.

Al pranzo di finanziamento dell’Associazione italiana Persone con sindrome di Down (sezione di Mantova) si è parlato del progetto di autonomia abitativa. Pensate: per tutte queste donne e questi uomini è possibile ipotizzare un obiettivo come quello delvivere autonomamente, almeno per buona parte del tempo. Ma questi progetti non godono di sovvenzioni pubbliche, anzi.

Ma qui stiamo già parlando dell’età adulta. Solo i ragazzi e le ragazze che riescono a sviluppare certe abilità possono accedere ai passaggi successivi, fino all’autonomia.E’ quindi nella scuola dell’infanzia e nella primaria che è indispensabile affiancarli,dopo rischia di essere troppo tardi, che le capacità siano compromesse. Invece di portare il rapporto 1:1 – un insegnante per ogni allievo –, la situazione è in netto peggioramento. Forse non ci stiamo rendendo conto che, così facendo, stiamo rovinando tutta la vita a queste persone e non ‘solo’ la loro esperienza nella scuola.

Una rapida ricerca nel nostro database, che raccoglie tutte le notizie di discriminazione apparse sulla stampa dell’intera regione Lombardia, ci ha permesso di verificare i dati del rapporto tra insegnanti e alunni, che oscillano attorno al 1:2,5 (un insegnante ogni due alunni e mezzo). Da tre anni la dirigenza dell’ufficio scolastico regionale insiste sulle deroghe concesse, ma questo non fa sì che neppure ci si avvicini alla parità, anche perché – per stessa ammissione degli uffici scolastici – gli insegnanti in deroga non sono specializzati. Le dichiarazioni del direttore regionale Colosio del gennaio 2010 furono imbarazzanti: “Per il sostegno abbiamo aggiunto 600 posti in deroga. E la finanziaria vale per tutti, nessuna discriminazione, anzi questa è parità” («Ripristinate gli aiuti ai disabili», Corriere Milano, 11/1/2010). Come è possibile che un dirigente sia così digiuno di nozioni in materia di diritto? Giuseppe Colosio doveva digerire la sentenza del Tribunale di Milano, che riconosceva discriminatoria la decisione di tagliare anche l’assistenza a studentesse e studenti con disabilità, con conseguente ordine di cessare immediatamente la condotta discriminatoria. Sentenza confermata in secondo grado. Ma i tagli restarono, anzi, quest’anno si confermano, nonostante queste famose “deroghe”.

Il punto, mi pare, non è chiaro. Tagliare a tutti e tutte non è egualitario. Si chiama ‘discriminazione indiretta’, ossia si tratta di una operazione apparentemente neutra che in realtà, nella pratica, danneggia maggiormente o esclusivamente un determinato gruppo di persone, in questo caso ragazze e ragazzi disabili. Conosciamo la situazione della scuola italiana, sappiamo del sistematico abbassamento delle risorse, ma dobbiamo oggettivamente comprendere che chi parte da un gradino più sotto non può sostenere le privazioni al pari degli altri. Togliere l’insegnante di sostegno non è come togliere la carta per le fotocopie; inserire un’alunna disabile in una classe di 28 persone non è impattante come per una alunna senza alcuna disabilità; se la scuola non può permettersi un tappeto mobile, per il 98% dei presenti non cambierà nulla, per il restante 2% significherà la quotidiana umiliazione di farsi mettere le mani addosso da altri (pensate se si è una ragazza adolescente), per fare anche solo un gradino.

Insegnanti di sostegno, educatrici ed educatori, ausili meccanici ed elettronici sono quel gradino che manca per poter dire che sì, a partire da quel punto siamo tutti uguali e allora si può anche sopportare insieme un momento di crisi. Fino a quel momento ogni diminuzione di risorse alla scuola – oltre a colpire uno dei settori, con quello della salute, primari per ogni cittadino e cittadina – avrà un esito discriminatorio, perché porterà svantaggio maggiore agli studenti e alle studentesse disabili.

Lo stato di incertezza si aggiunge a questa situazione già difficile. A scuole iniziate non tutti ancora sanno quante di ore di sostegno saranno destinate e Comuni e Province non trovano un accordo su come sostenere economicamente i deficit, col risultato che tutto diviene più complicato e amplifica il senso di smarrimento, di abbandono.

Come si può agire? Il Tribunale civile di Milano ha confermato in secondo grado la discriminazione, ma purtroppo anche il Ministero si è appellato e ancora una volta il direttore Giuseppe Colosio non ha centrato il problema: “Il giudice non ha tenuto conto delle risorse. E poi di insegnanti specializzati non ce ne sono [...]. La decisione del tribunale è sorprendente”. Il giudice ha tenuto conto delle risorse, valutando correttamente che queste esulano dalla sua valutazione, nel senso che non c’entrano proprio nulla. Se non ci sono insegnanti specializzati – da verificare – allora è come ammettere la presenza di un altro, ulteriore, problema nella scuola. Sorprendente, infine, è la reazione dell’ufficio scolastico e del Ministero che, realizzata la gravità della situazione, avrebbero dovuto correre a sanare il taglio, invece di ricorrere di nuovo in appello, perché è soprattutto dagli Enti preposti che ci aspettiamo venga rispettato il diritto all’istruzione.

Con pochi soldi (l’Italia è uno dei Paesi europei che meno investono nell’istruzione) la scuola diventa per moltissimi giovani più una scommessa che un diritto fondamentale, ma senza sostegno la scuola dei bambini e delle bambine disabili muore.


immagine da www.ledha.it

18|09|11

La natura è il mio regno


"…una grande fotografia è la piena espressione di ciò che l’autore sente del soggetto che sta fotografando nel senso più profondo; per questo è la vera espressione di ciò che lo stesso (fotografo) sente sulla vita nella propria complessità"Ansel Adams


Grande è il contributo dato dall'americano Ansel Adams alla Fotografia, in particolare a quella in bianconero. "La natura è il mio regno "è la prima grande mostra italiana del maestro incontrastato della fotografia paesaggistica americana.
Il tema della grande retrospettiva è lo scenario naturale di un’America incontaminata e ancora da esplorare, in grado di far rivivere il mito della frontiera e di accendere quel richiamo della foresta che infiammò tanti autori della letteratura nord-americana di fine Ottocento.
La mostra rientrava nel programma del festivalfilosofia, che si è svolto dal 16 al 18 settembre 2011 a Modena, Carpi, Sassuolo, e quest'anno è dedicato alla natura.









Vanità delle cose-Il canto dell'arpista, tomba del Re Antef.


"Passa un giorno felice, dimentica l’affanno!” è il solo consiglio, la sola soluzione che si offra ai viventi. Vivere finché è concesso ciò che di buono offre la vita: così esorta il “canto che si trova nella tomba di Antef davanti all’arpista
Il testo ci è giunto da una copia di età ramesside, nel manoscritto (Papiro Harris 500 del British Museum), che ci ha trasmesso una raccolta di canti d’amore.




Canto che si trova nella tomba di Antef e che sta davanti all’arpista.
E’ il testamento di quel buon sovrano, dal felice destino:

Periscono le generazioni e passano,
altre stanno al loro posto, dal tempo degli antenati:
i re che esistettero un tempo
riposano nelle loro piramidi,
sono seppelliti nelle loro tombe
i nobili ed i glorificati egualmente.
Quelli che han costruito edifici,
di cui le sedi più non esistono,
cosa è avvenuto di loro?
Ho udito le parole
di Imhotep e di Hergedef,
che moltissimi sono citati nei loro detti:
che sono divenute
le loro sedi?
I muri sono caduti
le loro sedi non ci sono più,
come se mai fossero esistite.
Nessuno viene di là,
che ci dica la loro condizione,
che riferisca i loro bisogni,
che tranquillizzi il nostro cuore,
finché giungiamo a quel luogo
dove sono andati essi.
Rallegra il tuo cuore:
ti è salutare l’oblio.
Segui il tuo cuore
Fintanto che vivi!
Metti mirra sul tuo capo,
vestiti di lino fine,
profumato di vere meraviglie
che fan parte dell’offerta divina.
Aumenta la tua felicità,
che non languisca il tuo cuore.
Segui il tuo cuore e la tua felicità,
compi il tuo destino sulla terra.
Non affannare il tuo cuore,
finché venga per te quel giorno della lamentazione.
Ma non ode la loro lamentazione
colui che ha il cuore stanco:
i loro pianti,
non salvano nessuno dalla tomba.
Pensaci,
passa un giorno felice
e non te ne stancare.
Vedi, non c’è che porta con sé i proprio beni,
vedi, non torna che se n’è andato.

lunedì 19 settembre 2011

Le Karakuri Ningyo: a Torino il mondo delle bambole giapponesi


5 novembre – 18 dicembre – Palazzo Barolo in via Corte d’Appello 20/C Torino
e presso MAO – Museo d’Arte Orientale in via San Domenico 11 Torino

sequenza trottola.jpg 342x190 A Torino il mondo delle bambole giapponesi
Poco note al pubblico occidentale le Karakuri Ningyo, le bambole meccaniche giapponesi, sono una tradizione artistica ed artigianale che affascina e intrattiene da oltre quattrocento anni : accolgono gli ospiti, servono il te', lanciano frecce, suonano strumenti con grazia, nascondendo meccanismi d'antica fattura molto sofisticati. Raffinate, quasi magiche, sono la sintesi perfetta di gusto estetico e ingegno “meccanico” del Sol Levante.
Per la prima volta in Italia una ventina di bambole Karakuri saranno esposte a Torino a Palazzo Barolo, grazie all’Associazione Yoshin Ryu, alla collaborazione con Japan Foundation e con l’Artcraft Museum di Inuyama, nella Prefettura di Aichi-Nagoya. Presente per l’apertura il maestroShobei Tamaya IX, ultimo erede di quest’arte.
Dunque una mostra imperdibile: l’ultima esposizione europea di Karakuri Ningyo fu organizzata nel 1985 a Londra presso la Barbican Art Gallery dalla Japan Foundation, mentre un paio di pezzi di grande pregio fanno parte della collezione permanente del British Museum.
Karakuri significa letteralmente“meccanismo”, ma anche “sorprendere”, mentre Ningyo, scritto in ideogrammi separati, significa “persona” e “forma”, dunque bambola meccanica.
Il team che cura la mostra è internazionale e annovera i massimi esperti del settore, ad iniziare dall’artista Shobei Tamaya IX, cui si affiancano il Direttore del Museo di Inuyama, Mizoguchi Masanari, l’esperta australiana Kirsty Boyle (ho tolto Nakamura Sawa, la cui collaborazione è di minima) e Kita Toshiyuki, responsabile del centro di design della Mitsubishi, oltre naturalmente al comitato scientifico di Yoshin Ryu coordinato da Daniela Crovella.
fonte: a cura di Itali@Magazine - redazione

domenica 18 settembre 2011

DEPRESSIONE: un tentativo sano di ritrovare se stessi


Il nostro frenetico stile di vita ci spinge sempre di più all’apparire, ad aderire a modelli preconfezionati, piuttosto che a riconoscere la nostra autenticità.

In questo triste scenario anche le emozioni, purtroppo, devono presentarsi nel modo giusto per potersi adattare alle varie occasioni.




Così, di volta in volta, DOBBIAMO essere:

  • Allegri e pieni di entusiasmoquando siamo in vacanza.

  • Concentrati, propositivi e instancabiliquando lavoriamo.

  • Capaci di accontentarci, collaborativi e pazientiquando lavoriamo (soprattutto se siamo femmine).

  • Calmi, sereni e posatiquando discutiamo.

  • Riflessivi” quando prendiamo le decisioni.

  • Felici e colmi d’amore per tuttiin tutte le ricorrenze familiari (escluso i funerali) (soprattutto il giorno di Natale).

  • Pronti a ricominciare con entusiasmoquando abbiamo fallito.

  • Forti e capaci di reagire con tenaciadavanti alle malattie, anche gravi.

  • Soddisfatti comunque vadanelle competizioni (soprattutto quando perdiamo).

  • Umili e rispettosi anche davanti alla prepotenza degli altriquando siamo più giovani.

  • Pronti a lasciar correrepur di salvare le apparenze.

  • Pronti a tuttoquando si tratta di fare carriera (soprattutto se siamo maschi).

Chi non riesce a provare i sentimenti conformi alle circostanze secondo le richieste sociali, deve fare i conti con un senso d’inadeguatezza, di anormalità e, pur di sentirsi normale, finisce per nascondere la propria sensibilità sotto la maschera delle emozioni prescritte.

A volte, tutto ciò che rimane percepibile è solamente un senso di disagio o di malessere, senza nessuna causa apparente.



Attutire questa pressione emotiva stereotipata, rimanendo in silenzio con se stessi (quel non avere voglia di fare nulla, oggi così temuto) è il modo più naturale di ripristinare un ascolto profondo di sé e delle proprie reali esperienze, quando la corsa al conseguimento di tutti gli status impedisce il contatto con i bisogni e con i valori di ciascuno.

In questa chiave, la de-pressione costituisce un tentativo estremo per de-pressare la girandola vorticosa delle emozioni prescritte dalla corsa al raggiungimento dei beni materiali, un modo per interrompere lo sforzo innaturale del dover essere e per ripristinare l’ascolto sano dei propri bisogni e delle proprie emozioni.



Essere depressi significa, allora, non aver più voglia di giocare quei giochi sociali che non ci appartengono e lasciare che dalla totale assenza di emozioni, dal vuoto interiore che fa tanta paura, emerga il significato profondo della vita, il senso che ritrova le chiavi della propria esistenza.

Fuori dal consumismo e dai raggiungimenti materiali, lontana dal giudizio e dal conformismo, la nostra anima osserva il mondo e, seduta sul bordo della vita, aspetta che il silenzio interiore le permetta finalmente di esprimere se stessa.

Libera da falsi bisogni.

Autentica.

Nella sua essenziale verità.

Da sempre.


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