giovedì 30 giugno 2011

Ryan Trecartin - Any Ever

Ryan Trecartin, trentenne texano che da qualche anno si è fatto conoscere nel mondo dell’arte grazie alle sue opere deliranti. L’ultima s’intitola Any Ever ed è composta da sette video, ciascuno dei quali è visibile in una propria stanza appositamente allestita in modo da creare una continuità tra il video e lo spettatore stesso. Quello che possiamo vedere è un insieme delirante di immagini di giovani stravaganti, truccati e straparlanti. I suoi video sono "profondi" , intensi, ma darne un’interpretazione univoca è pressoché impossibile: c’è chi parla di flusso di coscienza di tredicenni in preda a crisi adolescenziali, chi pensa che nei suoi video converga la cultura del World Wide Web, chi azzarda che in essi sia racchiusa tutta la follia del mondo. Voi che ne pensate ?

mercoledì 29 giugno 2011

Da nord a sud alla ricerca di volti, storie

Nel mese di marzo 2011 è partito un camper molto particolare perchè non va in cerca di luoghi ameni ma ricerca volti e storie particolari come quella di Ursula – transessuale di Genova – oppure Piera e la sua casa fatta di mura ”trasudanti, unti, crepati, lividi, marcescenti, verminosi”. Numerose sono le città già attraversate dal camper e altre ancora saranno raggiunte, il viaggio è lungo…fino a marzo 2012. Tutto ciò rientra nel progetto denominato: Itaca. Storie d’Italia. Fatto per celebrare il 150° anniversario dell’Unità d’Italia. Tale progetto è stato affidato al fotografo Giovanni Marrozzini.

Siamo sicuri che al termine di questo viaggio nei sentimenti, nell’animo umano verrà fuori una Italia non sempre “visibile” ma che pulsa e chiede giustizia una giustizia comprendente solidarietà, sensibilità. Forse, anzi sicuramente, dovremmo essere impegnati tutti noi a ricercare la suddetta giustizia.

www.itaca.me

Mirko Bratuša


"Nel lavoro che presenterò torno a cimentarmi con due importanti attributi della materia, troppo spesso trascurati: la presenza, e di riflesso l'assenza di calore"


Lo scultore Mirko Bratuša presenta al pubblico il progetto Caloriferi per calde emozioni, un’installazione di sculture composta da dieci corpi, alcuni antropomorfi ed altri attinenti il mondo vegetale, collegati in rete mediante condutture. L’alimentazione interna, invisibile, riscalderà, umidificherà e raredderà le statue in terracotta. Con la refrigerazione delle componenti antropomorfe il calore sarà convogliato alle altre per riscaldarle, instaurando così una rete di collegamenti quale sistema dei corpi artistici, che indica una mutua dipendenza.
Il messaggio metaforico del sistema artistico così instaurato è universalmente applicabile alla società moderna, nella quale tutto accade come risultato di mutue relazioni: l’arricchimento di una parte del mondo significa povertà da un’altra parte, lo sfruttamento della natura causa catastrofi naturali, i tumulti sociali, sostenuti dai social network cambiano i sistemi politici.


Le statue sono apparizioni scultoree fantastiche e stravaganti dall’umorismo sottile. Per raggiungere un grado più alto di empatia sono composte da terracotta, materiale estremamente tattile e fuori mercato. Sono tattili e calde, ed illustrando la psicosi del quotidiano narrano del nostro senso di smarrimento nella cultura contemporanea, quando pare di non poter più influire sulla politica e sui rapporti sociali di forza, ed anche dell’impossibilità di arrestare il processo di distruzione della natura. Per questo Bratuša suggerisce di ritornare alla percezione elementare, al mondo della sensibilità perduta.


54. Esposizione Internazionale d’Arte – la Biennale di Venezia
Padiglione della Repubblica di Slovenia, fino al 27 novembre 2011

martedì 28 giugno 2011

...PhoTO...


Punti di vista .
Una visitatrice passeggia davanti all'opera di Maurizio Cattelan esposta nel padiglione della fiera "Art 42 Basel" a Basilea.

lunedì 27 giugno 2011

Sui sentimenti


Ventotto anni di carcere, e poi le sorprese della vita

"Descrivere quali emozioni si provano nel tornare liberi, con i primi permessi, dopo tanti anni di carcere è qualcosa di molto complesso, perché si è investiti da tutta una serie di sensazioni e riscoperte che attraversano anche fisicamente il corpo e la mente, tali da renderti per quella prima volta “fulminato” psicologicamente, come se quello che vivi non fosse reale. Poi, dopo le successive uscite, tutto diventa più tranquillo e sereno, anche se si moltiplicano le attese e il desiderio di tornare definitivamente alla vita libera si fa sempre più forte e la sofferenza, anche fisica direi, del rientro in carcere dopo il permesso sembra devastare ogni cosa.
Innanzitutto penso alla famiglia...
Comunque questa è una piccola premessa “generale” per comprendere l’argomento su cui voglio riflettere, cioè quello degli affetti, dei sentimenti, di tutto ciò che concerne la necessità di riscoprirsi veramente parte di un tutto, anche grazie a quei rapporti di relazione che gli anni avevano cancellato attraverso una profonda rimozione interiore. Sono una persona che ha scontato quasi ventotto anni di carcere, questo è bene dirlo subito, e quindi la mia vita è già profondamente segnata, irreversibilmente destinata a sopportare il peso di tale esperienza esistenziale. Non c’è stato tempo per gli affetti, gli amori, e per tutti quei rapporti con le persone che ci sono in condizioni normali. La mente già risente, nel profondo, di questa carenza relazionale, e razionalmente si è portati a pensare che questo aspetto della propria vita sia più una contraddizione che un qualcosa da ricercare e comunque vivere. Qualcuno mi ha insegnato però a non essere troppo intransigente e assoluto nelle mie convinzioni, e a dire quel “mai dire mai” che per me un tempo rappresentava più una debolezza che una risorsa. Mi sono allora confrontato con i miei sentimenti scivolando piano piano in una dimensione di totale corrispondenza sentimentale con il mondo che mi circonda, scoprendo aspetti della mia personalità che neppure immaginavo esistessero. Innanzitutto penso alla famiglia, tutte quelle persone che adesso sono tantissime ed erano sconosciute, perché gli anni hanno quintuplicato le figure di riferimento parentali. Ma qui si è aiutati dall’istintivo concedersi senza disagio, perché protetti da quel concetto che ci si forma della famiglia, che negli anni diventa l’unico punto di riferimento dove riversare la necessità di dare e ricevere affetto, di sentirsi nonostante tutto ancora parte integrante di un mondo che oggettivamente non ci apparteneva più. Sarò più chiaro: ero sicuro di non uscire più dal carcere, considerata la condanna iniziale da scontare, e davo tutto per perduto, attaccandomi disperatamente all’unica cosa che rimaneva certa: la famiglia.
La vita riserva sempre sorprese, vale la pena viverla qualunque sia la tua condizione
Adesso però sono cambiate le priorità, le prospettive si sono delineate concretamente, la speranza protegge dalla disperazione, la vita scorre con ritmi decisamente diversi e positivi. Ho trovato l’abbraccio di una donna innamorata, in un rapporto consapevole e maturo, ma non per questo meno importante e profondo, anzi ritengo sia la sublimazione del concetto di amore, quello che riesce non solo ad emozionare, nella passione del rapporto, ma che ha la forza di far cambiare atteggiamento nei confronti della vita, in quella ridefinizione della vita che scava molto a fondo e indaga impietosamente nel proprio passato. L’amore che diventa rispetto totale della persona che si ha accanto, la quale condivide non solo l’esperienza sentimentale ed emozionale del rapporto, ma che è quel nuovo e concreto punto di riferimento esistenziale che fortemente determina cambiamenti sostanziali nel modo di essere e di vedere le cose. Tutte le sfumature della vita assumono un valore nuovo e tutto da scoprire, e scompare la superficialità che spesso destina certi rapporti all’inevitabile declino. Il mio non è e non vuole essere un elogio assolutistico dell’amore, sono ben consapevole delle difficoltà e delle nuove problematiche da affrontare, ma noto che l’impatto è stato veramente decisivo, e adesso mi sento pronto a vivere questa fase della mia vita in modo diverso, non solo perché mi conviene, considerato il fallimento di una esistenza consumata in carcere, ma perché soprattutto ho ritrovato delle motivazioni, dei valori che credevo non mi appartenessero più, e qualcosa in cui credere senza limiti e condizionamenti. La vita riserva sempre sorprese, vale la pena viverla qualunque sia la tua condizione, senza mai abbandonare la speranza. Mi sento pronto ad andare avanti con maggiore ottimismo, consapevole degli errori passati, ma anche di quanto sia importante credere in un futuro diverso dal profondo del cuore."
Alessandro Pinti


Lettera tratta dal sito www.ristretti.it, iniziativa promossa dalla Casa di Reclusione di Padova e dall'Istituto Femminile della Giudecca, contiene informazioni su numerose risorse nazionali.



Cindy Sherman Doll Clothes (1975)





Video Doll Clothes (1975) della regista e fotografa Cindy Sherman, attenta alla problematica di genere. Il corto mostra una bambolina alle prese con la scelta del vestito giusto, che trova e indossa, ma specchiandosi viene afferrata da una mano e riposta nella sua confezione. Un'acuta riflessione sulla ricerca di una immagine sociale in sintonia con la propria interiorità, che alcuni vorrebbero mettere a tacere in un contenitore di plastica, condannando la donna al silenzio forzato. Lo stesso che contrassegnava le dame del Quattrocento in ogni momento della loro vita. Tanto che ci si domanda se ci fossero spazi per l'amore vero.
La tecnica di ripresa, come nelle fotografie, è molto sobria, essenziale, volta a mostrare non la realtà oggettiva, quanto la dimensione virtuale della messa in scena, proprio come accade nell’universo fittizio della televisione e della pubblicità.

Interprete, scenografa, regista e fotografa di ciascuno dei suoi lavori ed è simbolo di una generazione di "body artists" che dagli anni settanta in poi ha indagato sulla trasformazione del corpo che diventa soggetto di comunicazione e di espressione dei processi culturali e strumento di risposta ai mutamenti di identità in atto nella società americana, facendo risaltare certe tendenze al cattivo gusto e sfatando l’apparente moralismo.





sabato 25 giugno 2011

Diane Arbus


Quelli che nascono mostri sono l’aristocrazia del mondo dell’emarginazione… Quasi tutti attraversano la vita temendo le esperienze traumatiche. I mostri sono nati insieme al loro trauma. Hanno superato il loro esame nella vita, sono degli aristocratici. Io mi adatto alle cose malmesse. Intendo dire che non mi piace metter ordine alle cose. Se qualcosa non è a posto di fronte a me, io non la metto a posto. Mi metto a posto io. (D. Arbus)


Fotografa atipica,(New York 1923 muore, suicida, nel 1971) mito, suo malgrado consapevole della ambiguità della sua fotografia che da un lato possiede una carica di violenza che si esercita contro i soggetti nella misura in cui ne viola l’intimità, dall’altra è una specie di lasciapassare a penetrarne la corazza difensiva. Ha cercato di mitigare questa violenza, di stemperarla attraverso la ricerca della conoscenza diretta dei futuri soggetti delle sue fotografie, attraverso la loro frequentazione pur senza apparente pathos.
La posa dei soggetti ripresi è sempre frontale. Nel linguaggio fotografico conferiche dignità e importanza al soggetto, per questo viene usata nelle foto di cerimonia, come matrimoni, foto scolastiche ecc.
La Arbus sembra, in questo modo, conferire le stesse caratteristiche a persone che la società tiene al margine, come volesse ricordarci che ciò che noi scacciamo o evitiamo come diverso è, in realtà, dentro di noi. Il mondo dei mostri non è mai esterno a noi ma interno. I diversi sono li, tranquilli, nostra immagine speculare. Anche in situazioni estreme, non sembrano mai dare segni di sofferenza o di angoscia, quella stessa sofferenza che invece appare in certe foto di persone cosiddette normali, come la barista che agita il suo peluche in un gesto di disperato aggrapparsi alla fanciullezza perduta, nell’ agitare il feticcio della sua solitudine.




Conosco delle barche



Conosco delle barche
che restano nel porto per paura
che le correnti le trascinino via con troppa violenza.


Conosco delle barche che arrugginiscono in porto
per non aver mai rischiato una vela fuori.

Conosco delle barche che si dimenticano di partire
hanno paura del mare a furia di invecchiare
e le onde non le hanno mai portate altrove,
il loro viaggio è finito ancora prima di iniziare.

Conosco delle barche talmente incatenate
che hanno disimparato come liberarsi.

Conosco delle barche che restano ad ondeggiare
per essere veramente sicure di non capovolgersi.

Conosco delle barche che vanno in gruppo
ad affrontare il vento forte al di là della paura.

Conosco delle barche che si graffiano un po’
sulle rotte dell’oceano ove le porta il loro gioco.

Conosco delle barche
che non hanno mai smesso di uscire una volta ancora,
ogni giorno della loro vita
e che non hanno paura a volte di lanciarsi
fianco a fianco in avanti a rischio di affondare.

Conosco delle barche
che tornano in porto lacerate dappertutto,
ma più coraggiose e più forti.

Conosco delle barche straboccanti di sole
perché hanno condiviso anni meravigliosi.

Conosco delle barche
che tornano sempre quando hanno navigato.
Fino al loro ultimo giorno,
e sono pronte a spiegare le loro ali di giganti
perché hanno un cuore a misura di oceano.

Jacques Brel


La vita è come un battito d'ali: delicata ma meravigliosamente colorata...


Non sono nessuno per spiegare la vita poiché io vivo con le ferite del mio passato e sorrido del mio presente e del percorso tortuoso che mi ha portato sino a qui, facendomi diventare la persona che sono oggi.
Posso dire ciò che ho capito dall’esperienza e condividerlo con te mio lettore, con la speranza che queste modeste parole potranno aprire una nuova prospettiva in te,una strada più luminosa e meno dolente della mia .
Dalla vita ho capito che: se vuoi qualcosa, non esitare, vai e conquistala.
Ho capito che se il mondo va nel senso opposto al tuo, non devi disperare perchè tu il tuo mondo lo giri come lo desideri tu.
Ho capito che dopo la pioggia c'è l'arcobaleno che aspetta di essere ammirato.
Ho capito che la felicità ti accoglie quando meno te l'aspetti, non dura più di poche ore perchè ti scivola come una saponetta bagnata ma lascia il suo profumo, la sua essenza.
Ho capito che il dolore non è più tanto doloroso se lo si vede da un'altra prospettiva.
Non avere paure delle "cicatrici"che ti regnano sull'anima perchè sono il segno di aver vissuto veramente. .
La meraviglia della vita è la semplicità, l'attendere di un amore, il tramonto, il volo di un gabbiano.
Cogli l’essenza della vita e tutto ti apparirà nuovo, più bello, più colorato.
La vita ti sorride proprio quando tu piangi ed è proprio allora che trovi la forza di rialzarti, trovi un segno che ti indirizza nella retta via: seguilo e ascolta sempre il cuore .
A volte è difficile trovare la forza di andare avanti, la vita ti dà mille motivi per spezzarti, ma tu non demordere, lotta fino a quando hai la linfa che ti scorre nelle vene: vivi .
Se hai cento motivi per piangere tu trovane cent uno per sorridere.
La vita: una parola astratta,non la vediamo, non la tocchiamo ma la percepiamo: respirala.
Ci onora di emozioni, ci fa piangere, ci fa ridere, ci fa stupire, ci fa incontrare, ci fa battere il cuore.
Si, perchè la vita è come un battito d'ali di una farfalla, delicata ma colorata; aspetta solo di prendere il volo per librare nel cielo.
L'amore è nell'aria: respiralo, percepiscilo;
La vita è amore, noi siamo amore.
I momenti sono fugaci, non si ripresentano mai due volte o comunque non saranno mai uguali.
Siamo come dei pittori impressionisti dobbiamo dipingere sulla nostra tavolozza della vita tutti i momenti e non deve esistere il bianco o il nero ma solamente i colori puri che accostati formeranno altri colori, altre emozioni.
Non temete l’impossibile perchè nulla è impossibile se ci si crede fino infondo.

Arcobaleosplendente- Silvia

App/Arte

- da venerdì 24 Giugno 2011 a domenica 26 Giugno 2011

Ritmi battenti, tammorre sfrenate e atmosfere folk si mescolano per tre giorni ai tempi quotidiani di Somma Vesuviana. Torna per il sesto anno consecutivo la festa della tammorra, tradizione antica che richiama da sempre curiosità e passione di un pubblico che aumenta costantemente. L’invito ad esibirsi è esteso a tutti, chiunque abbia voglia di suonare o cantare non deve far altro che gettarsi nella mischia e divertirsi, lasciandosi andare ai suoni popolari. Ad arricchire le tre giornate, stand enogastronomici con prodotti locali e vino della casa…. Somma Vesuviana – Napoli -  http://www.festatammorra.altervista.org
da giovedì 21 Aprile 2011 a lunedì 12 Settembre 2011
Sislej Xhafa indaga le realtà economiche, politiche e sociali associate alla complessità della società moderna. Nelle sue ricerce sui fenomeni del turismo, della clandestinità, dell’illegalità forzata Xhafa usa un linguaggio minimale, al tempo stesso ironico e sovversivo, confrontandosi con una vasta gamma di media, dal disegno alla scultura, dalla performance alla fotografia.
La realtà è più forte dell’arte. Come artista non voglio riflettere la realtà ma interrogarla. Il mio background sociale non abbraccia una linea d’azione razionale. Affronto il mondo e la vita guidato da un istinto primordiale.” Napoli – Museo Madre – Via L. Settembrini 79 – Orario di apertura : tutti i giorni 10.30/14.30 chiuso il martedi.

Isole dei Beati



Che nel cielo vi siano per te pozze di burro e fiumi di miele, di liquori, di latte, di acqua
e di panna. Che quei fiumi, gonfi di dolce sciroppo, scorrano per te nel mondo celeste, e che
laghi di loto ti circondino da ogni parte.
( Atharva-Veda, IV,34)

Luogo leggendario da sempre, secondo un antico mito le Canarie erano le Isole dei Beati, una sorta di paradiso terrestre nel quale gli eroi prescelti dagli Dei potevano trascorrervi l'esistenza eterna in uno stato di assoluta felicità, godendo degli abbondanti frutti offerti dalla terra e del magnifico clima.
Le Canarie sono anche state associate, in virtù della posizione e della conformazione geologica, ad Atlantide, il fantastico continente sommerso del quale emergevano solo le cime delle montagne.



La suggestione è stata poi accresciuta dal mistero che ha accompagnato le isole, difficilmente raggiungibili date le forti correnti che percorrevano l'Atlantico, per gli antichi l'Oceano Tenebroso che coincideva con la fine del mondo indicata dalle Colonne d'Ercole.

Il Paradiso sta sempre dove c’è felicità”, ha scritto Agostino di Ippona. Ma il desiderio degli esseri umani di abitare una “terra senza il male” ha sempre cercato di identificare qualche angolo di mondo come il mitico Giardino di Eden, per questo motivo anche le Canarie sono state individuate come le “Isole dei Beati”.


venerdì 24 giugno 2011

Mugnano la città dei muri dipinti


Nel borgo, in un`atmosfera quasi surreale, si snoda il percorso alla scoperta dei "muri dipinti"
Vicino a Perugia e poco distante da Magione, nei pressi del Lago Trasimeno, si trova Mugnano, piccolo ma pittoresco centro circondato dalla campagna umbra.
L`abitato trae origine da insediamenti del II secolo a.C. cui fece seguito la costruzione, tra il IX e X secolo, di una fiorente abbazia benedettina i cui monaci furono impegnati nella bonifica dei territori circostanti che di lì a poco divennero tra i più fertili della regione.
A protezione dei beni e della popolazione locale nel XIV secolo fu costruito il castello con le sue mura perimetrali e il maestoso maschio cui si sovrappose, nel XVIII secolo, la torre campanaria. Nel Settecento all`interno dell`antico castrum si insediò la confraternita del Santissimo Sacramento.
All`interno del castello da non perdere la visita alla piazzetta della “pompa” con un profondo pozzo nel quale, le donne, fin dall`inizio del Novecento, attingevano acqua con una pompa azionata a mano.
Nel borgo, in un`atmosfera quasi surreale, si snoda il percorso alla scoperta dei “muri dipinti” realizzati, su idea del pittore Benito Biselli, da artisti italiani e stranieri che rappresentano un`esposizione permanente di grande interesse.
L`originalità delle pitture, i temi trattati, gli stili e le tecniche usate danno voce ai diversi linguaggi dell`arte sconfinando dal figurativo all`informale e regalando alle vecchie mura forme e colori.


"I muri del paese cantano una fioritura improvvisa di opere, una ritmica stesura di sigilli pittorici dove ogni artista ha deposto il succo della sua creatività ."(Mimmo Coletti, 1990).

giovedì 23 giugno 2011

...PhoTO...


foto Gervasio Sanchez

Condividere Inverni



Una intera famiglia di Firenze, Roberto, Gabriella e Costanza Ugolini, ha buttato le chiavi della propria casa ed è andata ad abitare nella Turchia dell’Est, vicino a lago Van, quasi al confine con Georgia, Armenia, Azerbaigian, Iran, Iraq, per condividere la povera esistenza quotidiana di bambini, donne, uomini che vivono nell’indigenza, spesso nella provvisorietà di un’esistenza da profughi, nella precarietà di chi non conosce il proprio domani. Eppure, la grande dignità di ciascuno di loro, la profonda solidarietà tra chi non ha altro che la nuda esistenza e l’amicizia, fa scoprire “riserve di senso” a chi viene dal ricco Occidente, in cui gli oggetti inutili sembrano a volte soffocarci. La famiglia Ugolini racconta il senso della loro esperienza.


"Nonostante qualche difficoltà, queste cose ci rendono felici. Sappiamo infatti di condividere con chi ci sta intorno lo stesso tipo di stufa, lo stesso inverno, la stessa neve, il medesimo ghiaccio, una casa costruita con lo stesso materiale: madre terra."Roberto Ugolini

martedì 21 giugno 2011

Tiina Itkonen


Tiina Itkonen," Dorsoduro,Venice",2011 foto esposta all'Abbazia di S.Giorgio Maggiore sull'omonima isola veneziana fino al 30 settembre .

lunedì 20 giugno 2011

SABURO TESHIGAWARA



Artista giapponese,danzatore, coreografo e direttore, Saburo Teshigawara riceve l’attenzione della critica internazionale nel campo delle arti visive, grazie ad installazioni, film e video e progetti di scenografia, luci e costumi che egli realizza per le sue creazioni. Coltiva con forte passione l’interesse per la scultura . Forte senso della composizione, oltre alla padronanza dello spazio i suoi decisi movimenti di danza creano un mondo unico che è soltanto suo. L’interesse per la musica e la ricerca sul tempo e sullo spazio l’hanno portato ad allestire opere in spazi ad hoc e a collaborazioni con vari musicisti.
Il corpo di Saburo è capace di struggersi, sospendersi, sollevarsi e diventare quasi evanescente, per poi vibrare, disegnare traiettorie di luce, sussultare sprizzante di energia vitale, leggero come un colibrì ma forte, tenace e intenso, con la stessa antica saggezza degli alberi secolari. Saburo Teshigawara è davvero un artista poliedrico e completo, che ha proposto una sua personale visione del mondo e del movimento, e questo probabilmente è dovuto anche al fatto che delle sue performance lui stesso disegna le scene, i costumi ed il disegno luci. La danza per lui è un'arte complessa e difficile, fatta non solo di movimento, ma anche di immagine.



La danza è scultura. Scultura d’aria, scultura di luoghi, scultura di tempo ... per me danzare vuol dire giocare con l'aria. Sentir il corpo come l'aria e l'aria come il corpo. La danza non si riduce ai semplici movimenti del corpo, ma ingloba allo stesso tempo i movimentidella coscienza e quelli dei sensi



Saburo Teshigawara è al festival Romaeuropa a ottobre del 2011 con “Obsession” spettacolo inaugurale del Festival,di assoluta bellezza coreografica .
Ispirato al film del cineasta surrealista Luis Buñuel, sceneggiato da Buñuel stesso e da Salvador Dalì, "Obesession" è una profonda ossessione che lacera il conscio. Desideri impossibili diventano realtà solo attraverso l’amore irrazionale. L’amore attraverso la morte si cristallizza nelle stagioni .


"All'inizio del film un uomo affila un rasoio con cui incide un occhio. E'come chiedere agli spettatori di interrogarsi sulla loro concezione di cosa significhi 'guardare la realtà'. Con Obsession chiedo di aprire gli occhi al di là dell'evidenza".


d : foto


" Colori dell'africa, colori dei luoghi e dei volti di questa gente, che attraverso la loro natura trasmettono emozionati immagini e stati d'animo, nonostante la loro difficile al quanto surreale vita quotidiana, in un mondo che è al confine tra il digitale ed il virtuale e l'assurdo di un terzo mondo."
Giovanna Scarpuzza

domenica 19 giugno 2011

Katarzyna Kozyra





Artista forte e provocatoria, i cui lavori hanno spesso suscitato scandalo, Katarzyna Kozyra (Varsavia 1963).
Attivo e passivo, salute e malattia, vita e morte. Kozyra sfiora con forte dolcezza antinomie terrificanti. Tra provocazione e ambiguità. Ecco il gioco sottile fra concetti opposti che si ricongiungono. Nelle opere dell’artista polacca, come in The Bathhouse (1997), dove corpi femminili pingui e imperfetti sono colti alle terme in atmosfere alla Renoir e alla Ingres, e nel complementare Men’s Bathhouse (1999), per il quale l’artista si è camuffata ed è entrata nella sezione maschile facendo riflettere sul concetto di privacy. Nel suo secondo lavoro, The Rite of Spring (1999-2002), raffinatissimo video di animazione umana, fra le sei proiezioni si può passeggiare osservando anziani uomini e donne dotati di sessi opposti posticci che, come in un cartoon artigianale, si muovono sulle note di Stravinski.
In Art Dreams Come True (2004, work in progress), nel quale Kozyra si trasforma in una Maria Callas che è anche drag queen. Perché non è la provocazione che conta. È l’ambiguità, il gioco sottile fra concetti opposti che si ricongiungono. Perché la trasgressione è un limite individuale che si forma nell’interazione ogni volta diversa fra l’opera e il fruitore. Kozyra non impone nulla, sfiora con forte dolcezza antinomie terrificanti: attivo e passivo, salute e malattia, vita e morte…
In Art Dreams Come True

Monstrua

Juan Carreno de Miranda – Monstrua

Ritratto di Antonietta Gonzalvus - Lavinia Fontana

Dipinto di Velàzquez – Don Sebastián de Morra, uno dei nani alla corte di Filippo IV, in questo dipinto con espressione seria, rappresenta tutta l’ingiustizia riversata sui buffoni.

Théodore Géricault, Alienata con monomania dell’invidia, 1822-1823, Lione, Musée des Beaux-Arts

Il ritratto fa parte di una serie di dieci raffigurazioni di alienati, di cui cinque sono andati perduti e i restanti sono oggi conservati in vari musei europei e americani, realizzati da Géricault forse su invito del medico parigino Georget, che si stava interessando alla follia. Il pittore si è accostato ai suoi modelli con partecipazione, tanto più straordinaria se si tiene conto del periodo: in questo ritratto, infatti, così come negli altri quadri di alienati, emerge non il gusto del grottesco, ma la sensibilità dell’artista, profondamente rispettoso delle sue figure.

La sala delle agitate al San Bonifazio in Firenze è un dipinto del pittore macchiaiolo Telemaco Signorini, eseguito nel 1865. Il soggetto rappresenta un reparto psichiatrico femminile dell'Ospedale Bonifacio di Firenze, il termine 'agitate' del titolo in particolare indicava le malate di mente in preda ad una forte eccitazione. Il crudo realismo dell'opera è enfatizzato dall'impostazione obliqua della prospettiva, dall'ampiezza e l'altezza dello stanzone, dai forti contrasti chiaroscurali in cui le anonime figure si stagliano sulla nuda parete di fondo. L'opera richiama il metodo scientifico sostenuto dal Naturalismo: il pittore dipinge il nudo e bianco stanzone senza sentimentalismi, senza nessuna partecipazione drammatica ed emotiva. Al tempo stesso, la scelta del soggetto può avere un forte significato di denuncia sociale.

Dwarf from Naples (2006) Joel-Peter Witkin

sabato 18 giugno 2011

La tempesta nella foresta

Abbracciati da un palcoscenico insolito, il mago Prospero, sua figlia Miranda e il servo mostro Calibano invitano gli spettatori a vivere le vicende di La tempesta, di William Shakespeare. Il naturale sipario della lecceta secolare si apre sulla storia dei personaggi che cambia grazie alla magia e alla complicità di Ariel, spirito dell’aria, e all’arrivo di Ferdinando, re di Napoli. Aperto dalle parole di Edoardo De Filippo, in scena Massimiliano Foà, Luca Iervilino e Paolo Zecca sull’adattamento di Rosario Sparno

L'evento rientra nel programma di Il Bosco e la Duna, le eco giornate nella foresta regionale di Cuma dell'Assessorato all'Agricoltura della Regione Campania. Spettacoli oggi e domani 19 giugno -  ore 18.30

...PhoTO...


La Cappella Sansevero a Napoli
Antonio Corradini: La Pudicizia

Pennabili-i luoghi dell'anima


Nel versante occidentale del Monte Carpegna c’è Pennabilli sorta dall'unione di due antichi castelli, quello dei Billi sopra "la Rupe" e quello di Penna sopra "il Roccione”. Qui i primi insediamenti umani risalgono all'epoca etrusca e romana. Durante le scorrerie barbariche della metà del I millennio d.C., le due alture impervie servirono da rifugio alle popolazioni stanziate nei dintorni e lungo il fiume Marecchia. Ebbero così origine le comunità di "Penna" e "Billi" i cui toponimi (l'uno derivante dal latino "Pinna", vetta, punta, l'altro da "Bilia", cima tra gli alberi) fanno riferimento alla caratteristica conformazione dei due colli.


Nella città è situato l'Orto dei frutti dimenticati, realizzato nel 1990 è il primo intervento voluto a Pennabilli dal poeta e sceneggiatore Tonino Guerra, che l'ha definito «museo dei sapori utile a farci toccare il passato».
Situato nell'antico orto del convento dei Frati Missionari del Preziosissimo Sangue, raccoglie varie installazioni artistiche e, soprattutto, numerose specie perdute di alberi da frutto proprie della campagna appenninica, prima presenti negli orti dei contadini locali e ora non più coltivate.
Nel tempo l'Orto, che non è un giardino botanico ma un vero e proprio museo,è arricchito di insolite installazioni ideate da Guerra e realizzate da artisti e artigiani diversi:
Cappella Tarkovskij e Porticciola delle lumache: costruita con le pietre di chiese scomparse della Valmarecchia, è dedicata al regista Andrej Tarkovski, al quale Guerra era legato da grande amicizia. La cappella è stata progettata dall'architetto Celio Francioni, mentre la porta in ceramica è opera di Aldo Rondini;

L'Arco delle favole: detto anche Arco dei sogni orientali, è un arco trionfale rivestito in ceramica multicolore. Realizzato da Giò Urbinati per le festività natalizie, è posto all'ingresso dell'Orto e accoglie festosamente i visitatori;



Il Bosco incantato: è un bosco immaginario formato da stele in pietra serena scolpite con i simboli della pigna e della ghianda, concepito come un «labirinto dell'anima dove per breve tempo puoi perdere la memoria e ricorderai solo il giorno più bello della tua vita»; al centro, una lumaca in bronzo invita alla lentezza e alla riflessione;




In piazza Vittorio Emanuele II, si incontra sulla sinistra l’ultima meridiana riportata su di un pastello di Guerra dal titolo “L’anatra dal collo azzurro”. E’ una meridiana ad ore oltramontane e pertanto leggibile come le precedenti del medesimo tipo.