sabato 25 giugno 2011

Diane Arbus


Quelli che nascono mostri sono l’aristocrazia del mondo dell’emarginazione… Quasi tutti attraversano la vita temendo le esperienze traumatiche. I mostri sono nati insieme al loro trauma. Hanno superato il loro esame nella vita, sono degli aristocratici. Io mi adatto alle cose malmesse. Intendo dire che non mi piace metter ordine alle cose. Se qualcosa non è a posto di fronte a me, io non la metto a posto. Mi metto a posto io. (D. Arbus)


Fotografa atipica,(New York 1923 muore, suicida, nel 1971) mito, suo malgrado consapevole della ambiguità della sua fotografia che da un lato possiede una carica di violenza che si esercita contro i soggetti nella misura in cui ne viola l’intimità, dall’altra è una specie di lasciapassare a penetrarne la corazza difensiva. Ha cercato di mitigare questa violenza, di stemperarla attraverso la ricerca della conoscenza diretta dei futuri soggetti delle sue fotografie, attraverso la loro frequentazione pur senza apparente pathos.
La posa dei soggetti ripresi è sempre frontale. Nel linguaggio fotografico conferiche dignità e importanza al soggetto, per questo viene usata nelle foto di cerimonia, come matrimoni, foto scolastiche ecc.
La Arbus sembra, in questo modo, conferire le stesse caratteristiche a persone che la società tiene al margine, come volesse ricordarci che ciò che noi scacciamo o evitiamo come diverso è, in realtà, dentro di noi. Il mondo dei mostri non è mai esterno a noi ma interno. I diversi sono li, tranquilli, nostra immagine speculare. Anche in situazioni estreme, non sembrano mai dare segni di sofferenza o di angoscia, quella stessa sofferenza che invece appare in certe foto di persone cosiddette normali, come la barista che agita il suo peluche in un gesto di disperato aggrapparsi alla fanciullezza perduta, nell’ agitare il feticcio della sua solitudine.




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