sabato 18 giugno 2011

Pennabili-i luoghi dell'anima


Nel versante occidentale del Monte Carpegna c’è Pennabilli sorta dall'unione di due antichi castelli, quello dei Billi sopra "la Rupe" e quello di Penna sopra "il Roccione”. Qui i primi insediamenti umani risalgono all'epoca etrusca e romana. Durante le scorrerie barbariche della metà del I millennio d.C., le due alture impervie servirono da rifugio alle popolazioni stanziate nei dintorni e lungo il fiume Marecchia. Ebbero così origine le comunità di "Penna" e "Billi" i cui toponimi (l'uno derivante dal latino "Pinna", vetta, punta, l'altro da "Bilia", cima tra gli alberi) fanno riferimento alla caratteristica conformazione dei due colli.


Nella città è situato l'Orto dei frutti dimenticati, realizzato nel 1990 è il primo intervento voluto a Pennabilli dal poeta e sceneggiatore Tonino Guerra, che l'ha definito «museo dei sapori utile a farci toccare il passato».
Situato nell'antico orto del convento dei Frati Missionari del Preziosissimo Sangue, raccoglie varie installazioni artistiche e, soprattutto, numerose specie perdute di alberi da frutto proprie della campagna appenninica, prima presenti negli orti dei contadini locali e ora non più coltivate.
Nel tempo l'Orto, che non è un giardino botanico ma un vero e proprio museo,è arricchito di insolite installazioni ideate da Guerra e realizzate da artisti e artigiani diversi:
Cappella Tarkovskij e Porticciola delle lumache: costruita con le pietre di chiese scomparse della Valmarecchia, è dedicata al regista Andrej Tarkovski, al quale Guerra era legato da grande amicizia. La cappella è stata progettata dall'architetto Celio Francioni, mentre la porta in ceramica è opera di Aldo Rondini;

L'Arco delle favole: detto anche Arco dei sogni orientali, è un arco trionfale rivestito in ceramica multicolore. Realizzato da Giò Urbinati per le festività natalizie, è posto all'ingresso dell'Orto e accoglie festosamente i visitatori;



Il Bosco incantato: è un bosco immaginario formato da stele in pietra serena scolpite con i simboli della pigna e della ghianda, concepito come un «labirinto dell'anima dove per breve tempo puoi perdere la memoria e ricorderai solo il giorno più bello della tua vita»; al centro, una lumaca in bronzo invita alla lentezza e alla riflessione;




In piazza Vittorio Emanuele II, si incontra sulla sinistra l’ultima meridiana riportata su di un pastello di Guerra dal titolo “L’anatra dal collo azzurro”. E’ una meridiana ad ore oltramontane e pertanto leggibile come le precedenti del medesimo tipo.



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