martedì 20 settembre 2011

Vanità delle cose-Il canto dell'arpista, tomba del Re Antef.


"Passa un giorno felice, dimentica l’affanno!” è il solo consiglio, la sola soluzione che si offra ai viventi. Vivere finché è concesso ciò che di buono offre la vita: così esorta il “canto che si trova nella tomba di Antef davanti all’arpista
Il testo ci è giunto da una copia di età ramesside, nel manoscritto (Papiro Harris 500 del British Museum), che ci ha trasmesso una raccolta di canti d’amore.




Canto che si trova nella tomba di Antef e che sta davanti all’arpista.
E’ il testamento di quel buon sovrano, dal felice destino:

Periscono le generazioni e passano,
altre stanno al loro posto, dal tempo degli antenati:
i re che esistettero un tempo
riposano nelle loro piramidi,
sono seppelliti nelle loro tombe
i nobili ed i glorificati egualmente.
Quelli che han costruito edifici,
di cui le sedi più non esistono,
cosa è avvenuto di loro?
Ho udito le parole
di Imhotep e di Hergedef,
che moltissimi sono citati nei loro detti:
che sono divenute
le loro sedi?
I muri sono caduti
le loro sedi non ci sono più,
come se mai fossero esistite.
Nessuno viene di là,
che ci dica la loro condizione,
che riferisca i loro bisogni,
che tranquillizzi il nostro cuore,
finché giungiamo a quel luogo
dove sono andati essi.
Rallegra il tuo cuore:
ti è salutare l’oblio.
Segui il tuo cuore
Fintanto che vivi!
Metti mirra sul tuo capo,
vestiti di lino fine,
profumato di vere meraviglie
che fan parte dell’offerta divina.
Aumenta la tua felicità,
che non languisca il tuo cuore.
Segui il tuo cuore e la tua felicità,
compi il tuo destino sulla terra.
Non affannare il tuo cuore,
finché venga per te quel giorno della lamentazione.
Ma non ode la loro lamentazione
colui che ha il cuore stanco:
i loro pianti,
non salvano nessuno dalla tomba.
Pensaci,
passa un giorno felice
e non te ne stancare.
Vedi, non c’è che porta con sé i proprio beni,
vedi, non torna che se n’è andato.

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