"L’uomo cerca nel mito come sfuggire se stesso. E a ciò si adopera con tutti i mezzi. Droghe, alcol o menzogne. Incapace com’è di addentrarsi in se stesso, l’uomo si traveste. Le menzogne e le inesattezze gli procureranno qualche minuto di sollievo, il breve lenimento provocato dalla mascherata. Egli si distacca da quel che prova e da quel che vede. Inventa. Trasfigura. Miticizza. Crea. Si compiace del dirsi artista, imita a scala ridotta, i pittori che, pure, accusa di essere pazzi."
(Jean Cocteau da Il diario di uno sconosciuto, 1988)
Jean Cocteau (Maisons-Laffitte, 5 luglio 1889 – Milly-la-Forêt, 11 ottobre 1963) è stato un artista a trecentosessanta gradi: poeta, scrittore, critico ma anche cineasta, pittore, disegnatore e animatore della scienza musicale e teatrale parigina del XX° secolo. Non è appartenuto mai ad alcuna corrente, non ha voluto mai chiudersi in un sistema, ma ha tratto il meglio da tutte le avanguardie dell’epoca, i cosiddetti “ismi” (cubismo, futurismo, purismo, orfismo, espressionismo, dadaismo e surrealismo).
L’artista francese ha conferito una importanza eccezionale al mito di Orfeo. Egli si identifica pienamente con questo personaggio eroico, colui che fece il timoroso passo nell’aldilà, che con la sua lira incantò la terra e gli inferi. Ruota intorno a questa figura una trilogia composta da una pièce teatrale, Orphée (1927), e da due film, Orphée (1950) e Le Testament d’Orphée (1960).
Secondo la definizione che egli stesso fornisce nel Journal d’un Inconnu (1952), il tema orfico è essenzialmente collegato a quello della “naissance inexplicable des poèmes” (nascita inspiegabile delle poesie), e dunque alla Genesi della Poesia: si tratta di compiere la discesa iniziatica nelle profondità del proprio essere, "sa nuit intérieure” (la sua notte interiore). Il poeta deve essere quindi l' archeologo della sua notte e deve far riemergere a un livello conscio tutti quei reperti sotterranei appartenenti all’Inconscio. Se scopo del poeta è portare la sua notte in piena luce, quello di Orfeo è discendere nell’Inferno per riportare Euridice alla luce del giorno; per fare questo il poeta ed Orfeo, l’uno il doppio dell’altro, devono oltrepassare i limiti umani, accedere ad una dimensione che va oltre l’umano, la “zone”, ossia un luogo a-spaziale e a-temporale in cui i personaggi entrano attraversando lo specchio, mitico intermediario letterario:
"Les miroirs sont les portes à travers lesquelles la Morte va et vient".
"Confesso di aver spesso voluto saltare quel quarto muro misterioso sul quale gli uomini scrivono i loro amori ed i loro desideri", J. Cocteau, Le Testament d’Orphée (1960)
Il Museo Nazionale del Cinema rende omaggio al grande poeta francese Jean Cocteau, in occasione del cinquantenario della sua scomparsa, con una retrospettiva dal titolo Poésie Cinématographique dedicata al suo cinema. La rassegna, che si inserisce nel programma di Torino incontra la Francia 2013 ed è realizzata con la collaborazione dell’Alliance Française de Turin. In programma la proiezione dei film da lui diretti, quali Le sang d’un poète (1931), La bella e la bestia (1946) in copia recentemente restaurata, L’aquila a due teste (1948), I parenti terribili (1948), Orfeo (1950), Il testamento di Orfeo (1960). La programmazione inoltre comprende La principessa da Cleves (1961) di Jean Delannoy sceneggiato da Cocteau e il recentissimo Opium (2013) di Arielle Dombasle, presentato a Cannes e incentrato sulla storia d’amore tra Cocteau e Raymond Radiguet. Tutti i film saranno proiettati in francese con sottotitoli in italiano.
Jean Cocteau , Poésie Cinématographique
Sala Tre del Cinema Massimo, Torino
da lunedì 4 a martedì 12 novembre 2013
fonte:http://www.spettacolinews.it
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