lunedì 30 gennaio 2012

Dino Buzzati - quarant'anni dalla scomparsa



Il 28 gennaio del 1972 Dino Buzzati moriva a Milano e si spegneva una grande "voce" del giornalismo e della letteratura italiana del ‘900. L’autore de “Il deserto dei Tartari” è oggi "protagonista" di una giornata-omaggio organizzata dalle case editrici Feltrinelli e Mondadori in diverse città italiane.
Si celebra anche a Milano, divenuta terreno ideale dell’arte enigmatica di Buzzati come città di adozione e luogo di lavoro (al 'Corriere della Sera'), per il quale Buzzati scrisse dal 1928 fino a poco prima della sua scomparsa.

"Ma dipingere e scrivere per me sono in fondo la stessa cosa. Che dipinga o che scriva, io perseguo il medesimo scopo, che è quello di raccontare delle storie."

“Il fatto è questo: io mi trovo vittima di un crudele equivoco. Sono un pittore il quale per hobby, durante un periodo purtroppo alquanto prolungato, ha fatto anche lo scrittore e il giornalista. Il mondo invece crede che sia viceversa e le mie pitture non le « può » prendere sul serio. (...) Intendiamoci bene. Non intendo fare la vittima. Non voglio recitare la sgradevole parte di incompreso. So stare al gioco. E riconosco pure che il mondo cane alla fine non commette ingiustizie. E so benissimo che il mio gigantesco talento di pittore avrà un giorno il suo riconoscimento. Al Louvre, alla National Gallery, al Museum of Modern Art, al Modern Kunst Institut, a Valle Giulia, state pure tranquilli, c'è già un posto per me. Ma, per ottenere questo, bisogna che io prima defunga. Mi rendo conto della situazione. E mi rassegno.”

Un insieme di incontri che rilegge dunque soprattutto l’eredità visiva, oltre che letteraria, di Buzzati; un viaggio in una produzione artistica ancora ricca di messaggi da riscoprire, con la sua ricerca continua della “storia” narrativa (con i suoi risvolti “fumettistici”) all’interno della grande 'storia' dominata dall’angoscia esistenziale.
http://www.milanoweb.com

Tutte le anime della fotografia




Una collettiva da Lachapelle alla Skoglund
Il tema è proprio la poliedricità di questa forma artistica che è strumento d’indagine e meditazione attraverso la rappresentazione di soggetti tra loro differenti e grazie all’uso di tecniche più disparate. L’esibizione curata da Flaminio Gualdoni parte dal piano pop sino ad arrivare a quello postavanguardistico contemporaneo. Una mostra dal largo respiro, dunque, che esplora il fittissimo mondo delle pratiche fotografiche.

Presente in mostra la stravagante artefazione di David Lachapelle, l’erotismo accattivante di Nobuyoshi Araki, l’infantilismo inquietante di Loretta Lux, le strane composizioni di Stefano Arienti, l’umanità digitale di Matteo Basilé, le performance visive di Vanessa Beecroft, le logiche composizioni di Maurizio Galimberti, le solitudini e la drammaticità favolosa di Hiroshi, le immagini surreali di Luigi Ontani. E ancora Andy Warhol, Mattew Barney, Bernd e Hilla, Monica Bonvicini, Gregory Crewdson, Sante D’Orazio, Robert Gligorov, Nan Goldin, Andreas Gursky, Candida Höfer,Kim Joon, Huang Kehua, Seydou Keïta, Sally Mann, Robert Mapplethorpe, Tracey Moffatt, Yasumasa Morimura, Vik Muniz, Shirin Neshat,Helmut Newton, Steven Parrino, Andreas Perlick, Paola Pivi, Arnulf, Rainer, Gerhard Richter, Thomas Ruff, Sebastião Salgado, Jan Saudek, Andres, Serrano, Cindy Sherman, Sandy Skoglund, Jemima Stehli, Thomas Struth, Sugimoto, Wolfgang Tillmans, Grazia Toderi, Giovanna Torresin, Paolo Vegas, Massimo Vitali.
Fino al 19 febbraio Galleria M&D arte, Gorgonzola (Milano)



Addio a Ilario Fioravanti



"Ilario Fioravanti, l’eclettico artista, pittore, scultore, architetto cesenate, si è spento domenica. Nato a Cesena il 25 settembre 1922, ha vissuto per l’arte, dedicandosi, anche contro il volere della famiglia, alla pittura e alla scultura. Di professione architetto, non ha mai abbandonato la Romagna, nonostante molte fossero le richieste in giro per l’Italia: il portale del Duomo di Cesena, il monastero delle monache benedettine, gli edifici pubblici, come la Scuola materna di Gualdo, le statue, le molte opere di grafica, rimangono a testimoniare un’operosità incessante.
La sua fede, incentrata sul dialogo fra l’uomo e Dio, dava alle sue opere uno spessore spirituale tale da affascinare i critici: negli anni Novanta il poeta Giovanni Testori dedicò un volume alle opere di Fioravanti, seguito, all’inizio del XXI secolo, da Vittorio Sgarbi, che divulgò in Italia e all’estero il nome dell’artista cesenate.
Negli ultimi anni la sua casa-studio a Sorrivoli, ribattezzata “Casa dell’Upupa”, è diventata, grazie alla collaborazione di Flaminio e Massimo Balestra, un importante luogo di ritrovi culturali: anche se era sempre più raro che Fioravanti presenziasse a questi incontri, ogni volta che c’era i partecipanti rimanevano colpiti dalla vitalità intellettuale e culturale di un artista che, benché giunto a un’età venerabile, era sempre pronto a mettersi in discussione, senza mai salire sul piedistallo."
Paolo Turroni

domenica 29 gennaio 2012

Zingari in posa

Voglio consigliarvi uno stupendo libro fotografico: Zingari di di Josef Koudelka (Contrasto 2011) contiene 109 fotografie scattate nell’ex Cecoslovacchia (Boemia, Moravia e Slovacchia), in Romania, in Ungheria, in Francia e in Spagna tra il 1962 e il 1971. Il volume è la versione aggiornata di Cikáni (zingari in ceco), un libro che non fu mai pubblicato perché Koudelka lasciò la Cecoslovacchia nel 1970. Le foto sono accompagnate da un testo del sociologo Will Guy.

sabato 28 gennaio 2012

BAMBINI CON UN FALSO SE'


Con il termine “falso sé” s’intende una personalità di copertura che nasconde quasi completamente la reale struttura della personalità.


Il falso sé rappresenta una sorta di maschera o di ruolo teatrale nel quale la personalità finisce per identificarsi completamente e, poiché occulta il carattere naturale, è vissuto come se fosse un’autentica individualità.

Il falso sé si costruisce, di solito, come risposta alle richieste dell’ambiente familiare.

Come già è stato detto, i bambini che hanno una personalità creativa colgono anche le emozioni inespresse e modellano se stessi in modo da rendersi funzionali ai bisogni profondi degli adulti che per loro sono importanti.

Per questo, possono arrivare a costruire un falso sé.


UNA PICCOLA RIBELLE

Silvia, la giovane mamma di Alice, ha un atteggiamento sottomesso e remissivo nei confronti del marito Antonello, il papà di Alice.

Primogenita di una famiglia numerosa e poco abbiente, fin da bambina Silvia ha dovuto occuparsi degli altri rinunciando ai propri bisogni di sicurezza e protezione.

Quando conosce Antonello, s’innamorata soprattutto dei suoi modi risoluti e sicuri di se.

Con Antonello, Silvia può finalmente soddisfare il desiderio infantile di sentirsi protetta e guidata da qualcuno capace di pensare a lei.

Ma, nel corso degli anni, anche grazie al rapporto col marito, Silvia è cresciuta e, dopo la nascita di Alice, emerge in lei un bisogno di emancipazione e di maggiore autonomia.


Anche se ha solo quattro anni, Alice percepisce inconsciamente l’insofferenza della mamma nei confronti del papà e, interpretando il suo bisogno di ribellione, sfida Antonello ogni volta che le capita.

Inutile dire che le disubbidienze della bambina non incontrano il favore della mamma.

Al contrario, Silvia la rimprovera e la biasima per quegli atteggiamenti spavaldi e competitivi.

Alice soffre in silenzio, ma non cambia i suoi atteggiamenti. Sente istintivamente che dietro ai rimproveri, la mamma è anche soddisfatta di lei.


“E’ proprio una ribelle“ racconta Silvia alle amiche, con tono compiaciuto, “magari ce l’avessi anch’io un po' della sua temerarietà!”.

Alice ha imparato che non si deve essere ribelli e temerari, ma sente che questo suo comportamento rende la mamma orgogliosa.

E ciò che più desidera… è far contenta la mamma!


Per questo continuerà a dar voce alla sua insofferenza.

Per questo continuerà a contestare il papà.

Per questo continuerà a sentirsi inadeguata e cattiva.

Per questo, col tempo, identificherà se stessa in quel ruolo di bambina spavalda e aggressiva (il falso sé che gli adulti le hanno attribuito) colpevolizzando il suo istintivo e altruistico impulso di dar voce alla ribellione negata della mamma.


Alice approda in terapia da grande, per problemi di alcol-dipendenza, e così mi descrive se stessa durante il primo colloquio:

“Ho un pessimo carattere, m’infurio per niente, alzo subito la voce e per questo motivo faccio soffrire le persone che mi amano, ma soprattutto mia madre che è tanto dolce, buona e gentile con tutti”.


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venerdì 27 gennaio 2012

I GHETTI NAZISTI



" Vorrei che i giovani si interessassero a questa mia storia unicamente per pensare , oltre a quello che è successo , a quello che potrebbe succedere e sapere opporsi , eventualmente ,a violenze del genere ."Giorgio Perlasca


GHETTI NAZISTI
Al centro del salone del Complesso del Vittoriano a Roma, la ricostruzione dell’ingresso di uno dei ghetti nazisti. Zone di quarantena che emarginavano gli ebrei dal resto della società. Prima dei veri e propri campi di concentramento i nazisti avevano pensato bene di dar vita ai ghetti dove rinchiudere centinaia e migliaia di ebrei. La mostra al Vittoriano, allestita in occasione della Giornata della Memoria, è intitolata “Ghetti nazisti”.
Fotografie, documenti, giornali, lettere, diari, filmati fatti arrivare da istituzioni pubbliche e private non solo italiane ma polacche, israeliane, francesi, americane e austriache. Nella mostra, che durerà fino al 4 marzo, si racconta la storia dei ghetti in Polonia dal 1939 al 1944. Tra i vari documenti originali anche un ordine di Himmler del luglio 1942 accanto al quale una scritta in ebreo e polacco diceva: “chiunque si presenti volontariamente per l’espulsione riceverà 3 kg di pane e 1 kg di marmellata“.
info:http://www.romacapitalenews.com


Giorno della Memoria - Primo Levi



Sidereus Nuncius

Ho visto Venere bicorne

Navigare soave nel sereno.

Ho visto valli e monti sulla Luna

E Saturno trigemino

lo Galileo, primo fra gli umani;

Quattro stelle aggirarsi intorno a Giove,
E la Via Lattea scindersi

In legioni infinite di mondi nuovi.

Ho visto, non creduto, macchie presaghe
Inquinare la faccia del Sole.

Quest'occhiale l'ho costruito io,



Uomo dotto ma di mani sagaci :

Io ne ho polito i vetri, io l'ho puntato al Cielo

Come si punterebbe una bombarda.

Io sono stato che ho sfondato il Cielo

Prima che il Sole mi bruciasse gli occhi.

Prima che il Sole mi bruciasse gli occhi



Ho dovuto piegarmi a dire
Che non vedevo quello che vedevo.

Colui che m'ha avvinto alla terra

Non scatenava terremoti né folgori,
Era di voce dimessa e piana,

Aveva la faccia di ognuno.

L'avvoltoio che mi rode ogni sera

Ha la faccia di ognuno.

PRIMO LEVI

Nel giorno della memoria -Al mio fantastico amico


Poesia raccolta da Giovanna Cantoni, che è stata ispettore della Pubblica Istruzione e molto si è occupata di disabili. E’ stata scritta da Emilio, un ragazzino che purtroppo non c'è piu’ e parla del suo amico rom, Luigi. Un racconto che ci introduce alla Giornata della Memoria, perchè parla, soprattutto, della grande delusione avuta da Emilio quando a scuola, un insegnante, raccontando la Shoah, ha dimenticato di parlare dello sterminio che anche i Rom hanno subito.

"Al mio fantastico amico scritta da Emilio , con le sue parole vogliamo ricordare nel giorno della memoria uno sterminio di cui poco si parla quello dei disabili vittime dimenticate come lo sono stati i rom gli omosessuali i testimoni di geova . Il fantastico amico di Emilio è un ragazzo rom.
Ho un amico magnifico fantastico spinge la mia carrozzella per andare in classe mi fa salire le scale e a volte guardare dal davanzale è le mie braccia e le mie gambe studia con me e dice : sono aiutato da te , il mio amico rom zingaro nomade per tutti per me gentile e caro Luigi, amico assai raro , il suo popolo è riconosciuto da trentanni anche se esiste da tremila anni , la sua storia fa invidia e le sue origini sono in india i rom non hanno una terra e non hanno mai fatto la guerra non hanno mai sfruttato nessuno, hanno sofferto emarginazione e digiuno nel giorno della memoria quando si profonde l'oratoria dei rom tutti si dimenticano che migliaia ne ha uccisi nei lager nazzista e gassati la furia razzista nessun rom ucciso ha un nome scritto su un libro a nessuno di loro è stato dedicato un monumento ,quasi fosse un comandamento dei rom l'esistenza dimenticare e ad altre cose pensare . Il prof della shoah ha parlato , ho detto prof dei rom ti sei dimenticato , che cosa c'entrano degli ebrei dobbiamo parlare degli ebrei è l'olocausto , non ho risposto il capo nascosto per la vergogna mi sentivo veramente alla gogna per non essere andato fino in fondo , scusami amico tu sei il mio mondo per viltà non ti ho difeso spero di non averti offeso ."
Emilio

Giovanna Cantoni ha avuto la poesia dal pare di Emilio perche' lavoravano insieme in un associazione per disabili , parlava spesso di suo figlio che aveva questo amico rom erano tutti e due emarginati in classe e avevano fatto amicizia ..

giovedì 26 gennaio 2012

E' morto Peter de Francia


L'artista britannico di origine francese Peter de Francia, pittore del realismo con accenti espressionisti che fu allievo di Renato Guttuso, e' morto all'eta' di 91 anni per una polmonite dopo una lunga battaglia contro il diabete.
Si era affermato presso la critica nel 1959 con una grande tela ad olio dal titolo ''Il bombardamento di Sakiet'', ispirata dall'uccisione di 79 persone in un villaggio della Tunisia, dove le autorita' militari francesi temevano fossero addestrati insurrezionisti algerini. La monumentale opera e' stata frequentemente accostata a ''Guernica'' di Pablo Picasso.
Nato in Costa Azzurra, nei pressi di Nizza, vicino al confine italiano, nel 1921, Peter de Francia era figlio di un avvocato discendente di una famiglia benestante di Genova e di una nobildonna inglese. Dopo gli studi artistici a Parigi, nel 1947 arrivo' in Italia per studiare nell'atelier di Renato Guttuso, dove non solo fece propri i canoni del realismo del grande artista ma si avvicino' anche alle sue idee comuniste. Per tutti gli anni Cinquanta Peter de Francia fu in Gran Bretagna un sostenitore della teoria marxista dell'arte. Nel 1949 partecipo' alla sua prima mostra collettiva a Milano. Sempre fedele al realismo, la pittura di Peter de Francia si e' contrassegnata per la ricerca di colori brillanti e i suoi lavori si sono sempre caratterizzati per alta tensione morale o polemica. Tra le sue opere si segnalano ''L'esecuzione di Beloyannis'' (1953), dedicata all'uccisione nel 1952 in Grecia di Nikos Beloyannis, un partigiano comunista che combatte' i nazisti, accusato di essere una spia. Nel 1972 realizzo' un'altra grande tela apprezzata dalla critica, ''La nave dei folli''.

Adolfo Wildt




Adolfo Wildt, (Milano 1868 -Forli' 1931),un genio dimenticato del Novecento italiano al quale Forli' dedica, nel museo San Domenico, da sabato gennaio al 17 giugno per iniziativa della Fondazione Cassa dei Risparmi e del Comune della citta' la mostra 'Wildt. L'anima e le forme da Michelangelo a Klimt'. Una iniziativa che si presenta come una scommessa: rendere popolare un artista, tra i piu' sofisticati e colti del nostro Novecento. La mostra e' a cura di Fernando Mazzocca e Paola Mola affiancati da un comitato scientifico presieduto da Antonio Paolucci.



L'arte di Wildt sara' messa a confronto con i capolavori di maestri del passato che per lui furono sicure fonti di ispirazione. Da Fidia a Cosme' Tura, Antonello da Messina, Durer, Pisanello, Bramante, Michelangelo, Bramantino, Bronzino, Bambagia, Bernini, Canova, e con i moderni con cui si e' originalmente confrontato: Previati, Mazzocutelli, Rodin, Klimt, De Chirico, Morandi, Casorati, Fontana, Melotti. Ma anche con artisti come Klimt che a lui si ispirarono.




Pelle di donna- una rassegna tra arte e scienza



Questo evento affronta il tema della pelle femminile (ossia La scoperta della pelle; Il paradiso dell’igiene, l’inferno della pudicizia; Il volto della bellezza, il ruolo della pelle; Metamorfosi di pelle di donna; Pelle e identità; Uno sguardo tattile) con un percorso, che si chiuderà con un laboratorio scientifico interattivo.


Raggruppa, sculture, dipinti, foto, video, manoscritti, oggetti d’epoca. Accompagnerà i visitatori in un iter suggestivo che coinvolgerà molti grandi artisti del passato e del presente: Giuliana Cunéaz, Marcel Duchamp, Man Ray, Auguste Rodin, Henri de Toulouse-Lautrec, Tom Wesselmann e tanti altri.


Curata da Pietro Bellasi e Martina Mazzotta, che dal 24 gennaio sino al 19 febbraio sarà allestita alla Triennale di Milano.

mercoledì 25 gennaio 2012

Date e ricevete


"Il villaggio ai piedi del castello fu svegliato dalla voce
dell'araldo del castellano che leggeva un proclama nella piazza.
«Il nostro signore beneamato invita tutti i suoi buoni e fedeli
sudditi a partecipare alla festa del suo compleanno!Ognuno riceverà
una piacevole sorpresa! Domanda a tutti però un piccolo favore:
chi partecipa alla festa abbia la gentilezza di portare un po'
d'acqua per riempire la riserva del castello che è vuota...».
L'araldo ripeté più volte il proclama, poi fece dietrofront e
scortato dalle guardie ritornò al castello.
Nel villaggio scoppiarono i commenti più diversi.
«Bah! È il solito tiranno! Ha abbastanza servitori per farsi riempire
il serbatoio...
Io porterò un bicchiere d'acqua, e sarà abbastanza!».
«Ma no! È sempre stato buono e generoso! Io ne porterò un barile!».
«Io un... ditale!».
«Io una botte!».
Il mattino della festa, si vide uno strano corteo salire al castello.
Alcuni spingevano con tutte le loro forze dei grossi barili o
ansimavano portando grossi secchi colmi d'acqua.
Altri, sbeffeggiando i compagni di strada, portavano piccole caraffe
o un bicchierino su un vassoio.
La processione entrò nel cortile del castello.
Ognuno vuotava il proprio recipiente nella grande vasca,lo posava in
un angolo e poi si avviava pieno di gioia verso la sala del banchetto.
Arrosti e vino, danze e canti si succedettero,
finché verso sera il 
signore del castello ringraziò 
tutti con parole gentili e si ritirò nei suoi appartamenti.
«E la sorpresa promessa?», brontolarono alcuni con disappunto e 
delusione. 
Altri dimostravano una gioia soddisfatta:
«Il nostro signore ci ha regalato la più magnifica delle feste!».
Ciascuno, prima di ripartire, passò a riprendersi il recipiente. 
Esplosero allora delle grida che si intensificarono rapidamente. 
Esclamazioni di gioia e di rabbia.
I recipienti erano stati riempiti fino all'orlo di monete d'oro!
«Ah! Se avessi portato più acqua...».

«Date agli altri e Dio darà a voi: 
riceverete da lui una misura buona, pigiata, scossa e traboccante. 
Dio infatti tratterà voi allo stesso modo con il quale voi avrete 
trattato gli altri» "
(Vangelo di Luca 6,38).

martedì 24 gennaio 2012

D. Video

Il bambino Bruno, parole e immagini
per raccontare diversità e fantasia



Il libro scritto da Nadia Terranova, con le illustrazioni di Ofra Amit, ricostruisce la vita di Bruno Schulz, ebreo, scrittore, disegnatore e traduttore polacco morto per mano nazista nel 1942. Un ragazzino eccezionale, con la sua testa grossa, e poi un uomo eccezionale il cui motto era "Maturare verso l'infanzia. Questa soltanto sarebbe l'autentica maturità"
E' stata Nadia Terranova, studiosa di Bruno Schulz, ebreo, scrittore, disegnatore e traduttore polacco di Kafka, (definito per le similitudini di poetica e biografia con il celebre Franz "uno scrittore più kafkiano di Kafka") a raccontare la storia di Bruno bambino quasi settant'anni dopo la sua morte avvenuta per mano nazista nell'autunno del 1942. L'essere un bambino eccezionale, il convivere con la sua testa grossa, una dissonanza che, anche se era vista dai suoi coetanei con curiosità non sempre bonaria, si rivelò per lui un mezzo straordinario per trasformare la spiacevole diversità in un'intima ricchezza, secondo il suo detto: "Maturare verso l'infanzia. Questa soltanto sarebbe l'autentica maturità"
Nel libro, a proposito del suo lavoro di insegnante e delle corde che riusciva a toccare con gli allievi del corso di disegno, scrivo che Bruno, poiché l'ha conosciuta, sa trasformare la diversità in opportunità. La frase con cui Einstein amava definirsi risulta appropriata anche per lui: "Nulla di umano gli era estraneo"".
di Silvana Mazzocchi
Nadia Terranova, Ofra Amit
Bruno, il bambino che imparò a volare



Miracoli della mente - Parabola indiana


"Mentre girava per il bazaar e guardava gli oggetti in vendita in un negozio, un pellegrino disse alla propria mente: «O mente, di te si dicono meraviglie. Mostrami uno dei tuoi miracoli!». Di lì a poco un uomo che vendeva miele intinse un dito nel miele e lo strisciò sul muro. Immediatamente dozzine di mosche cominciarono a ronzare vicino al muro per mangiare il miele. In pochi minuti se ne radunò un numero impressionante. Una lucertola vide le mosche e s'avventurò allo scoperto per mangiarle. La vide un gatto, che le balzò addosso e se la pappò in un boccone. Un cane, vedendo il gatto, lo inseguì e lo uccise. Ma era il gatto del negoziante, e questi, preso dalla rabbia, percosse il cane con un bastone. Il cane apparteneva a un cliente, che si infuriò e cominciò a litigare col negoziante finché non vennero alle mani. I negozianti vicini corsero a dar man forte al negoziante mentre altri passanti si schierarono col cliente. Ne venne fuori una rissa che coinvolse tutto il bazar. Mentre accorrevano le guardie, richiamate dal clamore e dal parapiglia, la mente disse al pellegrino: «Ecco fatto!»

lunedì 23 gennaio 2012

UN MODO MULTIFORME DI LEGGERE IL MONDO...


Le personalità creative sono caratterizzate da un emisfero destro del cervello particolarmente attivo e da un’innata elasticità nello spostare il proprio punto di vista.


Vedere il mondo in tanti modi diversi porta ad avere una molteplicità d’informazioni, osservazioni, atteggiamenti e stati d’animo e, di conseguenza, fa crescere la creatività e l’empatia.

Possiamo dire, perciò, che le personalità creative hanno sempre:

  • tanti punti di vista

  • creatività

  • empatia

Ma un emisfero destro attivo porta con sé anche altre abilità e le personalità creative solitamente possiedono anche:

  • intuizione

  • capacità di sintesi

  • a-temporalità (cioè concentrazione sul presente)
  • facile accesso all’inconscio

  • attenzione alle relazioni

  • ascolto dei sentimenti

Analizziamo queste loro caratteristiche una per una:


INTUIZIONE

L’intuizione è la capacità, non logica, di sapere qualcosa senza sapere come si fa a saperla.

E’ la conseguenza di un contatto profondo con l’inconscio, cioè con la sede di quello che non è consapevole, perché, appunto, non raggiunge la soglia della nostra coscienza.




Nell’inconscio, secondo Carl Gustav Jung (psicologo allievo e contemporaneo di Sigmund Freud) sono conservate tutte le memorie; quelle personali, ma anche quelle familiari, del proprio paese e della propria etnia.

Le personalità creative sono dotate di un sesto senso che le informa su diversi argomenti (e che, purtroppo, spesso non ascoltano perché la loro logica si ribella!).


CAPACITA' DI SINTESI


La capacità di sintesi è la qualità che permette di avere una visione d’insieme.

Ciò che ci fa cogliere l’armonia anche tra cose apparentemente molto diverse tra loro, i nessi che stanno dietro alle parole, i legami che uniscono le persone.



La creatività utilizza spesso questo meraviglioso talento e l'empatia se ne avvale per comprendere l’apparente illogicità delle relazioni affettive.


A-TEMPORALITA'

L’a-temporalità è la conseguenza di un’attenzione focalizzata sul momento presente.

Quando siamo talmente assorbiti in ciò che stiamo facendo da perdere completamente la percezione del tempo, dei nostri bisogni (fame, sete, sonno, ecc.) e di tutto ciò che ci succede intorno, stiamo vivendo uno stato di a-temporalità.



I creativi parlano di “ispirazione”, gli innamorati invece la chiamano “estasi”. In entrambi i casi non ci si rende conto del tempo che passa!


FACILE ACCESSO ALL'INCONSCIO

Nei sogni, ma anche in tutti quei momenti in cui lasciamo che i nostri pensieri fluiscano liberamente senza esercitare un controllo razionale, l’inconscio ci invia dei messaggi sotto forma d’immagini, sensazioni, stati d’animo e consapevolezze improvvise.


Le personalità creative utilizzano spesso “informazioni” che emergono dall’inconscio come una visione improvvisaquando sono soprappensiero.

Può succedere alla fermata dell’autobus, o quando stanno lavando i piatti, o mentre guidano.

Di colpo arriva una soluzione o appare un nesso che non si era visto fino a quel momento.


ASCOLTO DEI SENTIMENTI

L’ascolto dei sentimenti, propri e altrui, comporta una grande capacità empatica che diventa tanto maggiore quanto più la si esercita.

Le personalità creative si trovano facilmente in situazioni di ascolto e relazione con gli altri.

Si tratta di persone che hanno un’innata abilità nel comprendere gli stati d’animo e nel saperli ascoltare.

Sono quelli che tutti cercano per “sfogarsi”.

Ma anche quelli cui facilmente ci si dimentica di chiedere: “Come stai?”, proprio perché la capacità di ascolto è tale da far scomparire completamente i loro problemi agli occhi dell’interlocutore.




ATTENZIONE ALLE RELAZIONI


L’attenzione alle relazioni è la conseguenza di una buona capacità di sintesi, della capacità di ascoltare i sentimenti, di una buona intuizione e di un contatto profondo con l’inconscio.

E’ ciò che ci permette di capire cosa tiene insieme le cose e le persone.


Riguarda l’abilità nel creare armonia anche fra realtà apparentemente incompatibili e appartiene alle persone creative.

Chi è empatico ne fa largo uso quando mette d’accordo le persone in conflitto tra loro.


In aggiunta alle abilità elencate sopra (che dipendono tutte da un emisfero destro attivo) le personalità creative di solito hanno anche:

  • molti interessi

  • curiosità

  • autonomia

  • originalità

  • cooperazione

ma anche:

  • discontinuità

  • dispersività

Le personalità creative sono caratterizzate da una pluralità d’interessi che le porta a saper fare molti mestieri.

La loro innata curiosità le spinge a interessarsi a cose diverse, anche se, spesso, le rende discontinue e dispersive.

Sono persone che partono piene di entusiasmo e che si perdono strada facendo, catturate da nuove attività che a loro volta lasceranno il posto ad altri affascinanti richiami… in una catena senza soluzione di continuità.

Danno vita a tante idee che non sempre portano a compimento, ma tutte le iniziative intraprese arricchiscono il bagaglio della loro esperienza e amplificano la loro indipendenza.


Sono autonome e originali per natura, perché la capacità di cambiare e il desiderio di conoscere le spingono a sperimentare sempre nuove possibilità di se stesse.

Sono spontaneamente portati alla cooperazione e del tutto disinteressate alla competizione.

Per queste persone creare è molto più divertente che vincere.

Creare significa dare forma a un progetto che le appassiona e per la cui realizzazione desiderano impegnarsi.

Mentre la competizione le lascia sempre inappagate, per loro è sempre molto avvincente realizzare qualcosa di nuovo, diverso e… possibilmente migliore!


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D. foto

J.Crosley " anonimo"

Felicità respirabile

illustrazione Josephine Wall


Non c'investì come un vento gagliardo, non incendiò roveti,
non ci costrinse a volgere altrove lo sguardo
tremanti di sgomento, sopra una terra sacra.
Fu una brezza dolcissima, appena percettibile
in un trasalimento di foglie e nell'assenso dell'erba.
carezza sui capelli e farfalla di luce
posata a un tratto su una crespa d'acqua.
E noi la conoscemmo dalla pace
che ci avvolse profonda-come di agnelli al meriggio,
quando null'altro conta fuorché il solare senso di esistere.
Non fu la mente, infatti, ma il nostro corpo stesso che per primo l'accolse
in larghi sorrisi di vita: felicità respirabile.
Margherita Guidacci

domenica 22 gennaio 2012

Storie

Melitòn Rivera Espinosa


Il fuoco

"Sei persone, colte dal caso nel buio di una gelida nottata, su un'isola deserta, si ritrovarono ciascuna con un pezzo di legno in mano. Non c'era altra legna nell'isola persa nelle brume del mare del Nord.

Al centro un piccolo fuoco moriva lentamente per mancanza di combustibile. Il freddo si faceva sempre più insopportabile.

La prima persona era una donna, ma un guizzo della fiamma illuminò il volto di un immigrato dalla pelle scura. La donna se ne accorse. Strinse il pugno intorno al suo pezzo di legno. Perché consumare il suo legno per scaldare uno scansafatiche venuto a rubare pane e lavoro? L'uomo che stava al suo fianco vide uno che non era del suo partito. Mai e poi mai avrebbe sprecato il suo bel pezzo di legno per un avversario politico.

La terza persona era vestita malamente e si avvolse ancora di più nel giaccone bisunto, nascondendo il suo pezzo di legno. Il suo vicino era certamente ricco. Perché doveva usare il suo ramo per un ozioso riccone?

Il ricco sedeva pensando ai suoi beni, alle due ville, alle quattro automobili e al sostanzioso conto in banca. Le batterie del suo telefonino erano scariche, doveva conservare il suo pezzo di legno a tutti i costi e non consumarlo per quei pigri e inetti.

Il volto scuro dell'immigrato era una smorfia di vendetta nella fievole luce del fuoco ormai spento. Stringeva forte il pugno intorno al suo pezzo di legno. Sapeva bene che tutti quei bianchi lo disprezzavano. Non avrebbe mai messo il suo pezzo di legno nelle braci del fuoco. Era arrivato il momento della vendetta. L'ultimo membro di quel mesto gruppetto era un tipo gretto e diffidente. Non faceva nulla se non per profitto. Dare soltanto a chi dà, era il suo motto preferito. Me lo devono pagare caro questo pezzo di legno, pensava. Li trovarono così, con i pezzi di legno stretti nei pugni, immobili nella morte per assideramento. Non erano morti per il freddo di fuori, erano morti per il freddo di dentro."

Bruno Ferrero

Marian kolodziej- L'uomo che sfidò l'inferno



Sopravissuto ad un ictus Marian kolodziej, artista polacco ed ex deportato, rompe un silenzio durato cinquantanni per creare un'opera che è un inedito spaccato di Auschwitz visto da dentro. Un'opera accolta dai frati minori conventuali polacchi, nel centro sorto vicino al lager.
Il titolo della mostra è : Labirinti un'opera mastodontica , un installazione -mostra . Il disegno , rigorosamente in bianco e nero è un insieme di migliaia di piccolit tratti precisi , un' esplosione di numeri e facce, senza tempo,senza speranza e senza colore. Il dolore è incontenibile è Auschwitz


All'ingresso del Labirinto Marian scrive:
"Questa non è una mostra, né l'arte. Queste non sono immagini. Sono parole bloccate nei disegni ... propongo un viaggio attraverso questo labirinto segnato dall'esperienza del tessuto della morte ... E 'la mia mancanza di accordo per il mondo di oggi ... e 'una lettera di un vecchio a se stesso 55 anni prima e una resa d'onore a tutti coloro che sono scomparsi in cenere ".


Il deportato Nr. 432: Marian Kolodziej, l'ultimo dei primi
Nasce il 6 dicembre 1921 a Raszkov in Polonia.
Arrestato per motivi politici dopo l'occupazione nazista, viene trasferito nel Lager di Oswiecim (Auschwitz 1) con il primo gruppo di deportati. È il 14 giugno 1940.
Il 29 luglio 1941 è presente all'appello durante il quale il deportato 16.670 (Padre Massimiliano Kolbe) dà la sua vita per salvare quella di un altro deportato.
Prima della fine del 1944, per l'evacuazione forzata del Lager di Auschwitz 1, viene trasferito prima a Gross-Rosen, poi a Buchenwald, a Dora, a Sachsenhausen ed infine a Mauthausen.
Qui viene liberato dall'esercito americano il 6 maggio 1945: Marian pesava allora 36 chili.
Nel 1950 completa gli studi all'Accademia di Belle Arti e lavora come scenografo fino al 1991. E' autore dell'altare eretto a Danzica in occasione di uno dei pellegrinaggi di Giovanni Paolo II in Polonia.
Colpito da una gravissima malattia nel 1993, per riabilitare la mano, inizia a creare The Labyrinths; fino a quel momento non aveva mai raccontato la sua deportazione.
E' scomparso a Danzica il 14 ottobre 2009.