Nessuno che ascolti
Gridare e non avere
voce…
È inutile urlare,
qui ogni cosa
è lenta e uguale.
Nella sconsolazione
dell’attesa
mi siedo accanto
agli anni miei
perduti
e mi trascino
dietro tante
cose.
La volontà
dentro la debolezza
delinea territori
di paura.
Forse ci morirò
tra queste mura,
recluso, vecchio,
ammalato.
Tra offese e bisogni
comincia
un nuovo giorno
ed ignorato esisto.
La divisa che passa
mi dà l’idea dell’ordine,
ma il loro sguardo
riversa gelo su di noi.
Chissà che vita grama
e sordida faranno…
Nessuno che domandi:
Perché hai freddo
e tremi?
Nessuno, nessuno
che ascolti la mia voce
redenta.
Non sanno
chi cessai di essere,
che ho estinto
tutto il veleno
del mio sangue,
che ho bruciato
i sacri templi
del denaro
sul fuoco
di poche verità
ma buone
e tutto il male fatto
sarà il bene
che farò,
che ho imparato
a dipingere l’amore
col gesto
di una semplice carezza,
ad amare la poesia
come una pace
per unire amici e nemici
in un unico abbraccio.
Cos’altro si può fare
che abbia peso?
Le parole che scrivo
sono un suono represso,
sono io.
di G.C.
G.C. è un detenuto che vive nel carcere di Opera , i suoi versi sono il risultato di anni di laboratorio di scrittura e lettura portato avanti da un ex insegnante Silvana Ceruti che da 19 anni fa amare la poesia nelle carceri.
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