Colomba Antonietti, nata a Bastia Umbra, figlia del fornaio Michele e di Diana Trabalza, giovanissima si trasferì con la famiglia a Foligno.
A Foligno, appena quindicenne conobbe il conte Luigi Porzi,
cadetto delle truppe pontificie, con cui condivideva il cortile di
casa. I due si parlavano dalle finestre delle rispettive stanze, e si
incontrarono più volte scambiandosi una promessa di matrimonio, come
rivelerà Porzi molti anni dopo. Tuttavia, il diverso ceto cui le due
famiglie appartenevano – ricca e nobile quella di Luigi, originaria di Imola,
borghese quella di Colomba – determinava l'ostilità, verso questa
unione, tanto dei Porzi che degli Antonietti. Dopo che i giovani furono
sorpresi a parlare tra loro dalle finestre, scoppiò uno scandalo in
seguito al quale il giovane fu trasferito a Senigallia. Tuttavia, il provvedimento non riuscì ad impedire le nozze.
Nella Chiesa della Misericordia di Foligno, all'una di notte del 13 dicembre 1846
Colomba sposò Luigi Porzi. Alla celebrazione erano assenti quasi tutti i
parenti degli sposi (con l'unica eccezione del fratello di lei,
Feliciano).
I novelli sposi partirono subito alla volta di Bologna, città in cui abitava la madre di Porzi, ma vi rimasero solo due mesi, prima di trasferirsi a Roma,
dov'era di stanza il battaglione di Luigi, promosso tenente. Giunto a
Roma, il militare fu arrestato per avere contratto matrimonio senza la
necessaria autorizzazione e rinchiuso a Castel Sant'Angelo
con lo stipendio dimezzato. L'intervento di un suo zio, prelato,
permise di revocare quest'ultima misura, ma Porzi dovette scontare
ugualmente la reclusione, alleviata dalle quotidiane visite della
moglie.
Nel 1848-1849 il marito aderì alla Repubblica Romana. Colomba, romantica figura, per combattere al suo fianco, si tagliò i capelli e vestì l'uniforme da bersagliere.
Inizialmente affrontò le truppe borboniche nella battaglia di Velletri (18 - 19 maggio 1849) e di Palestrina, dimostrando coraggio, valore ed intelligenza, tanto da meritarsi l'elogio di Giuseppe Garibaldi.
Venuta a Roma, si impegnò nel soccorso dei feriti pur continunando a combattere; nell'assedio di Porta San Pancrazio
morì sotto il fuoco dell'artiglieria francese, in difesa della
Repubblica Romana. Colpita in pieno da una palla di cannone il 13
giugno, spirò pochi istanti dopo tra le braccia del marito; la
tradizione vuole che morendo avesse mormorato: “Viva l'Italia”.
Della sua tragica fine scrive Giuseppe Garibaldi nelle sue Memorie:
La sera successiva Luciano Manara e lo svedese Hofstetter, giunti in città per la cena, si imbatterono nel convoglio funebre:
Fu sepolta dapprima nella , la quale essa pure era sì tranquilla in mezzo al fuoco».
Il marito fuggì in Sudamerica. Visse inizialmente in Brasile, poi in Uruguay e in Argentina, prima di fare ritorno nuovamente in Uruguay, dove morì, nel 1900, a Canas de Montevideo. Nel mezzo secolo trascorso lontano dall'Italia non si risposò.
Due mesi dopo la morte nei combattimenti romani, Luigi Mercantini dedicò a Colomba Antonietti un'ode.
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