mercoledì 5 ottobre 2011

Saartjie Baartman - la Venere Ottentotta



A volte l’oppressione dei popoli indigeni avviene anche nei confronti di singole persone. La storia di Sara Baartman, che risale a due secoli fa, negli ultimi anni ha stimolato un interesse artistico e letterario multiforme, dalla letteratura alla musica, dal cinema al fumetto , il film Venus noire diretto dal franco-tunisino Abdellatif Kechiche, e l’albo omonimo che ne ha tratto il disegnatore Renaud Pennelle .


Nel film del regista francese la vicenda inizia nel 1817, con una lezione alla Reale Accademia di Medicina di Parigi durante la quale l'anatomista Georges Cuvier illustra la sua teoria sull'anello mancante tra la scimmia e l'uomo, basandosi sul calco del corpo di Saartjie. Il suo corpo è sfruttato, ferito, martoriato in nome dell'attrattiva e della scienza. E' il 1817, solamente sette anni prima lei abbandonava le sue terre (il Sudafrica) al seguito del boero Caezar per essere "esibita" negli zoo umani londinesi, poi nei salotti "bene" di Parigi "al guinzaglio" del domatore di orsi Réaux, finendo in uno squallido bordello. Morirà sola, nel 1815, per polmonite o malattia venerea, ma senza trovare la pace: la conformazione della sua scatola cranica, le natiche ipertrofiche e i genitali abnormi diventano oggetto di studio di medici interessati a "classificare" tali, evidenti diversità.



La presa di coscienza di chi guarda, avviene nel momento forse più drammatico, pruriginosamente respingente dell'intero film, al festino francese in cui Réaux invita il parterre di vecchie checche e baldracche ad "ammirare, toccare" il frutto proibito, l'essenza della diversità della ragazza, affetta da longininfismo: è in quel momento, quando la folla eccitata si scontra con le lacrime di Saartjie, quasi inorridendo, che l'ipocrisia strisciante esplode con violenza. "Sta piangendo, non ci divertiamo più", dirà qualcuno, dimenticando in un colpo solo la brutalità degli sguardi precedenti, nonché la "meraviglia" nel constatare che quella "bestia", ben addestrata, avesse dimostrato anche di saper ballare, cantare e suonare uno strumento. Perché Saartjie questo era, un'artista, arrivata in Europa con l'illusione di potersi affermare in quanto tale: sogno che però non coincideva con quanti, da Caezar a Réaux, individuarono nelle sue evidenti differenze fisiche il primo, ed unico motivo che avrebbe scatenato l'immaginario delle folle, disposte a pagare per vederla gattonare, essere cavalcata come una belva feroce, toccarle l'imponente sedere.
La sua fu una storia molto triste, solo qualche anno fa, finalmente, il suo corpo è stato restituito per essere seppellito come si conviene ad un membro della sua etnia.

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