Il nostro frenetico stile di vita ci spinge sempre di più all’apparire, ad aderire a modelli preconfezionati, piuttosto che a riconoscere la nostra autenticità.
In questo triste scenario anche le emozioni, purtroppo, devono presentarsi nel modo giusto per potersi adattare alle varie occasioni.
Così, di volta in volta, DOBBIAMO essere:
“Allegri e pieni di entusiasmo” quando siamo in vacanza.
“Concentrati, propositivi e instancabili” quando lavoriamo.
“Capaci di accontentarci, collaborativi e pazienti” quando lavoriamo (soprattutto se siamo femmine).
“Calmi, sereni e posati” quando discutiamo.
“Riflessivi” quando prendiamo le decisioni.
“Felici e colmi d’amore per tutti” in tutte le ricorrenze familiari (escluso i funerali) (soprattutto il giorno di Natale).
“Pronti a ricominciare con entusiasmo” quando abbiamo fallito.
“Forti e capaci di reagire con tenacia” davanti alle malattie, anche gravi.
“Soddisfatti comunque vada” nelle competizioni (soprattutto quando perdiamo).
“Umili e rispettosi anche davanti alla prepotenza degli altri” quando siamo più giovani.
“Pronti a lasciar correre” pur di salvare le apparenze.
“Pronti a tutto” quando si tratta di fare carriera (soprattutto se siamo maschi).
Chi non riesce a provare i sentimenti conformi alle circostanze secondo le richieste sociali, deve fare i conti con un senso d’inadeguatezza, di anormalità e, pur di sentirsi normale, finisce per nascondere la propria sensibilità sotto la maschera delle emozioni prescritte.
A volte, tutto ciò che rimane percepibile è solamente un senso di disagio o di malessere, senza nessuna causa apparente.
Attutire questa pressione emotiva stereotipata, rimanendo in silenzio con se stessi (quel non avere voglia di fare nulla, oggi così temuto) è il modo più naturale di ripristinare un ascolto profondo di sé e delle proprie reali esperienze, quando la corsa al conseguimento di tutti gli status impedisce il contatto con i bisogni e con i valori di ciascuno.
In questa chiave, la de-pressione costituisce un tentativo estremo per de-pressare la girandola vorticosa delle emozioni prescritte dalla corsa al raggiungimento dei beni materiali, un modo per interrompere lo sforzo innaturale del dover essere e per ripristinare l’ascolto sano dei propri bisogni e delle proprie emozioni.
Essere depressi significa, allora, non aver più voglia di giocare quei giochi sociali che non ci appartengono e lasciare che dalla totale assenza di emozioni, dal vuoto interiore che fa tanta paura, emerga il significato profondo della vita, il senso che ritrova le chiavi della propria esistenza.
Fuori dal consumismo e dai raggiungimenti materiali, lontana dal giudizio e dal conformismo, la nostra anima osserva il mondo e, seduta sul bordo della vita, aspetta che il silenzio interiore le permetta finalmente di esprimere se stessa.
Libera da falsi bisogni.
Autentica.
Nella sua essenziale verità.
Da sempre.
Nessun commento:
Posta un commento