martedì 29 marzo 2011

Storie silenziose



Questa è una di quelle storie che oggi viene raccontata e domani l'abbiamo già dimenticata. Rimane però l'amaro in bocca forse ed il pensiero che a dire 'casa dolce casa' al mondo d'oggi non sono solo i rom "sporchi e cattivi".
Quello che fa paura oggi non è il rom in quanto tale ma è la sua condizione di povertà e di disuguaglianza che noi vogliamo allontanare, non è più la "paura" per lo straniero a dettare l'emarginazione ma è la paura del diverso in quanto povero perchè ha meno e vive con meno.
Una storia, quella di Giuseppe e Grazia che non sono rom e non vivono in un campo nomadi e non sono neanche dei senzatetto, di quelli che si addormentano ai bordi delle strade magari con qualche cartone di vino a fianco,
. che va raccontata perché Giuseppe e Grazia appartengono, loro malgrado, alla "feccia" di Milano, quella che come dicevamo prima è povera ed invisibile come il loro camper posteggiato da più di 5 anni sotto il ponte di piazzale Carrara nella periferia sud di Milano, un camper fermo sempre nello stesso posto che in pochi vedono perché i più fanno semplicemente finta che non ci sia.
Il concetto di fare finta riporta subito all'idea di gioco dei bambini. Loro possono permettersi di far finta di essere pirati o di essere astronauti nello spazio, loro possono guardare le cose senza farsi troppe domande, loro si ma noi no.
Eppure lo facciamo spesso e volentieri, per l'idea che forse facendo finta di niente i problemi degli altri non toccano il nostro piccolo guscio di protezione.
Giuseppe e Grazia sono stati sfrattati 5 anni fa dalla loro casa popolare in via Antonini. Questioni di mora si era detto, debiti ammontati da anni che pure Giuseppe era convinto di aver restituito, almeno in parte anche se quei soldi non si sa che fine abbiamo fatto. E così lo sfratto nel 2006, con la figlia e il nipotino di un anno e mezzo, il suocero agli arresti domiciliari e Grazia con un'invalidità civile del 70 %; invalidità, questa, che dopo lo shock per lo sfratto ha gettato Grazia in uno stato depressivo portandola al 100% ed alla dipendenza da psicofarmaci.
Giuseppe, che in quella che lui definisce la sua vita precedente era tour manager di quelli che viaggiano in giro per il mondo, lavora di tanto in tanto portandosi Grazia dietro in tutte le cose che fa. Vivono con la pensione di invalidità di Grazia: 240 euro al mese cioè non più di 7 euro al giorno per la spesa e quello che resta si spende per il gas dell'unica stufetta che riscalda il loro camper. Un camper allegro, pieno di foto dei nipotini e di oggetti appartenuti alla loro vecchia vita...quella vera. I nipotini sono stati portati via dagli assistenti sociali per volere loro e della figlia, Elisa, perché far crescere due bambini di 5 e 4 anni dentro un camper e senza riscaldamento era diventato insopportabile. Il cenone di natale l'hanno passato insieme, nel camper, 2 euro in più spesi rispetto al normale ma giusto per comprare l'aranciata e qualche merendina per loro, perché a Natale si sa i bambini meritano di più.
Nessuno ha mai chiesto a Giuseppe perché vive sotto un ponte da cinque anni. Nessuno gli ha chiesto perché la sua domanda per avere una casa popolare (domanda, questa, accompagnata quasi sempre da una lettera dello psichiatra che segue Grazia da anni) non è stata ancora accettata. Hanno fatto tutti finta di niente dal momento che i documenti sono regolari e che loro tutto sommato messi là, sotto il ponte, non fanno male a nessuno.
Viviamo in un mondo di mostruosa "normalità" in cui tutti siamo coinvolti e che purtroppo ci fa capire come l'indifferenza abbia sopraffatto una delle cose più belle che un essere umano possa avere... il valore morale della pietà...
La pietà distrugge l'individualismo, l'avarizia, l'egoismo... è il senso della ragione, quello che fa la distinzione tra il bene e il male, ciò che ci permette di AMARE.

Mara




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