martedì 29 marzo 2011

Storie silenziose



Questa è una di quelle storie che oggi viene raccontata e domani l'abbiamo già dimenticata. Rimane però l'amaro in bocca forse ed il pensiero che a dire 'casa dolce casa' al mondo d'oggi non sono solo i rom "sporchi e cattivi".
Quello che fa paura oggi non è il rom in quanto tale ma è la sua condizione di povertà e di disuguaglianza che noi vogliamo allontanare, non è più la "paura" per lo straniero a dettare l'emarginazione ma è la paura del diverso in quanto povero perchè ha meno e vive con meno.
Una storia, quella di Giuseppe e Grazia che non sono rom e non vivono in un campo nomadi e non sono neanche dei senzatetto, di quelli che si addormentano ai bordi delle strade magari con qualche cartone di vino a fianco,
. che va raccontata perché Giuseppe e Grazia appartengono, loro malgrado, alla "feccia" di Milano, quella che come dicevamo prima è povera ed invisibile come il loro camper posteggiato da più di 5 anni sotto il ponte di piazzale Carrara nella periferia sud di Milano, un camper fermo sempre nello stesso posto che in pochi vedono perché i più fanno semplicemente finta che non ci sia.
Il concetto di fare finta riporta subito all'idea di gioco dei bambini. Loro possono permettersi di far finta di essere pirati o di essere astronauti nello spazio, loro possono guardare le cose senza farsi troppe domande, loro si ma noi no.
Eppure lo facciamo spesso e volentieri, per l'idea che forse facendo finta di niente i problemi degli altri non toccano il nostro piccolo guscio di protezione.
Giuseppe e Grazia sono stati sfrattati 5 anni fa dalla loro casa popolare in via Antonini. Questioni di mora si era detto, debiti ammontati da anni che pure Giuseppe era convinto di aver restituito, almeno in parte anche se quei soldi non si sa che fine abbiamo fatto. E così lo sfratto nel 2006, con la figlia e il nipotino di un anno e mezzo, il suocero agli arresti domiciliari e Grazia con un'invalidità civile del 70 %; invalidità, questa, che dopo lo shock per lo sfratto ha gettato Grazia in uno stato depressivo portandola al 100% ed alla dipendenza da psicofarmaci.
Giuseppe, che in quella che lui definisce la sua vita precedente era tour manager di quelli che viaggiano in giro per il mondo, lavora di tanto in tanto portandosi Grazia dietro in tutte le cose che fa. Vivono con la pensione di invalidità di Grazia: 240 euro al mese cioè non più di 7 euro al giorno per la spesa e quello che resta si spende per il gas dell'unica stufetta che riscalda il loro camper. Un camper allegro, pieno di foto dei nipotini e di oggetti appartenuti alla loro vecchia vita...quella vera. I nipotini sono stati portati via dagli assistenti sociali per volere loro e della figlia, Elisa, perché far crescere due bambini di 5 e 4 anni dentro un camper e senza riscaldamento era diventato insopportabile. Il cenone di natale l'hanno passato insieme, nel camper, 2 euro in più spesi rispetto al normale ma giusto per comprare l'aranciata e qualche merendina per loro, perché a Natale si sa i bambini meritano di più.
Nessuno ha mai chiesto a Giuseppe perché vive sotto un ponte da cinque anni. Nessuno gli ha chiesto perché la sua domanda per avere una casa popolare (domanda, questa, accompagnata quasi sempre da una lettera dello psichiatra che segue Grazia da anni) non è stata ancora accettata. Hanno fatto tutti finta di niente dal momento che i documenti sono regolari e che loro tutto sommato messi là, sotto il ponte, non fanno male a nessuno.
Viviamo in un mondo di mostruosa "normalità" in cui tutti siamo coinvolti e che purtroppo ci fa capire come l'indifferenza abbia sopraffatto una delle cose più belle che un essere umano possa avere... il valore morale della pietà...
La pietà distrugge l'individualismo, l'avarizia, l'egoismo... è il senso della ragione, quello che fa la distinzione tra il bene e il male, ciò che ci permette di AMARE.

Mara




domenica 27 marzo 2011

Kara walker






Kara Walker è afroamericana e si occupa di razzismo;
È femmina e lavora sulle questioni di genere, di emancipazione, sui rapporti di potere tra uomo e donna, ma non può non ricordare che «per lungo tempo il femminismo ha ignorato le donne nere. Quando è cominciata la battaglia per il diritto al lavoro – non quella attuale per la parificazione dei compensi, proprio la prima lotta perché alle donne fosse permesso di lavorare fuori casa – le donne di colore in realtà stavano lavorando già da secoli: lavoravano per le donne bianche».
Nell'arte in bianco e nero della Walker, il torto e la ragione si cercano nelle sfumature. Ci sono solo antieroi e antieroine, e la comprensione della verità filtra attraverso le ombre.
La sua opera appare unicamente e inconfondibilmente incentrata sulla realizzazione d'intensi cicli iconografici, nere silhouettes declinate e articolate in scala ambientale, che si stagliano nette sul bianco del contenitore espositivo, mettendo in scena il potere, le inquietanti e paradossali ottusità di razziali, sessuali, culturali prevaricazioni e sopraffazioni.

Kara Walker, A negress of noteworthy talent (25 marzo - 3 luglio)
Fondazione Merz - via Limoni 24 10141 Torino, Italia

Mara

sabato 26 marzo 2011

William Kentridge




William Kentridge (Johannesburg, 1955)
Il suo linguaggio abbraccia quasi tutti i campi artistici: è pittore, disegnatore, scenografo, regista. Interpreta la fragilità umana, scava nella storia, e nella società. William Kentridge ha messo al centro della sua arte il disegno, in genere col carboncino. E dal disegno nascono le animazioni, i quadri, i filmati, le regie come quella che cura alla Scala per il Flauto Magico. L'artista sudafricano è il protagonista di questa stagione artistica nel capoluogo lombardo: oltre all'opera mozartiana, la proiezione di alcuni dei suoi celebri video a Palazzo Reale.
La sua arte si compone di rotture e aggregazioni, di sculture che si proiettano su specchi d'acqua e di gesti che si ripetono nell'aria e afferrano, ricompongono, rassicurano.
Immagini che si disgregano come di coriandoli, piccoli frammenti di carta nera che si fanno volti e sculture, volti dell'Africa e disegni di nero, luci soffuse e un lungo piano a coda, come scenario dei filmati dell'artista.

WILLIAM KENTRIDGE & MILANO
Dal disegno al teatro e dalla performance al cinema.
Da marzo ad aprile 2011 il capoluogo lombardo incontra l’arte del maestro sudafricano

Mara

giovedì 24 marzo 2011

JEAN DUBUFFET‎



Libero da schemi costituiti, Dubuffet sovvertì le sorti dell'arte del Novecento, ricercando la vera arte lontano da musei e gallerie, al di sotto della superficialità dell'ordinario, nel tentativo costante di esaltare l’espressione pura, spontanea dell’individuo. Nel 1945 diede origine al concetto di “Art brut”, ad indicare produzioni artistiche realizzate da non professionisti, digiuni di cultura artistica e senza pretese culturali.
L'Art Brut, definisce proprio quegli artisti caratterizzati da un'originalità di forme e di modi espressivi, dall'uso di tecniche essenziali e di materiali spesso nuovi, dalla scelta di soggetti enigmatici e segreti, da una comunicazione sintetica e immediata.

Mara






True colors

Un flusso incessante di suoni, forme e colori, quasi un concerto per immagini questo True Colors, tra videoarte, videoanimazione e street art, realizzato da Tomislav Topic e dalla troupe di Quintessenz-Creation. Il video si presenta col sottotiolo ‘Old tecnique – New Style‘, perché la tecnica è quella della stop-motion, ma lo stile è sicuramente originale perché cerca di superare i limiti imposti dalle dimensioni e dai materiali. Tutto comincia con un bambino che tira un calcio ad una torretta di cubi bianchi. Come per magia le forme si animano, sono linee composte da singole unità di misura. Pattern a forma cubica che ricordano i pixel per il modo in cui si vengono a formare le curve. Senza interrompere il flusso, dalla pittura sulle pareti si ritorna all’utilizzo della plastica colorata che esce dai muri e si conclude con l’artista-performer che colora ed è colorato. Per la realizzazione ci sono voluti quasi 5 mesi di lavori (all’interno di edifici abbandonati in una ex caserma nella zona di Hildesheim), 150 litri di vernice, 250 metri quadrati di legno, 350 metri lineari di materiale da costruzione e vari altri materiali. Il prodotto finale è costituito da circa 5000 immagini consecutive ma nessun effetto digitale è stato usato in fase di post-produzione.

Lorenzo Mazza

martedì 22 marzo 2011

…Emozioni….

Le emozioni sono esperienze fortemente coinvolgenti che appartengono alla vita di ciascuno di noi. Conoscerle e viverle meglio ci aiuta ad affrontare con maggiore consapevolezza le esperienze quotidiane.Forse non tutti sanno che fin dall’antichità medici e filosofi avanzavano l’ipotesi che le emozioni eccessive avessero conseguenze negative sulla salute fisica e mentale. Ad esempio, in epoca greco-romana, Esculapio attribuiva la causa dei disturbi mentali a problemi emotivi. Galeno considerava le passioni come la sesta causa non naturale di malattia. Nel diciassettesimo secolo Wright (1601) affermava nel suo “Passions of the Minde in Generalle” che le passioni potessero alterare le funzioni e la struttura del corpo. Era convinto che la sede delle passioni fosse il cuore e che, se la gioia moderata potesse essere considerata benefica per la salute, la gioia eccessiva era causa, alcune volte, di morte istantanea, mentre la tristezza, il timore o la disperazione erano considerate pericolose perché possibili cause di restringimento del cuore.Successivamente Burton, con il suo saggio sulla melanconia (1621), poneva ancora l’accento sui fattori emotivi come causa di malattia mentale, indicando però il cervello e non il cuore come la parte del corpo colpita dal male. Dobbiamo arrivare alla fine del 1800 perché la scienza inizi e studiare le emozioni, finalmente, riconoscendo la loro importanza in senso positivo nel comportamento umano.Oggi il mondo scientifico, e quindi anche la psicologia, riconoscono che le emozioni sono delle esperienze complesse che comprendono modificazioni fisiche e specifici pensieri correlati. Dànno ricchezza alle esperienze umane e svolgono una funzione adattiva a situazioni ed eventi importanti per il benessere dell’organismo nella sua storia evolutiva.Tutte le emozioni umane sono convenzionalmente suddivise in due categorie: le emozioni fondamentali (o anche di base) e quelle complesse. Le emozioni di base si manifestano già nel primo periodo di vita del bambino e ci accomunano anche a molte altre specie animali. Vediamo quante e quali sono le emozioni fondamentali:- Paura, si percepisce in presenza di un pericolo;- Disgusto, è generalmente una reazione nei confronti di sostanze o oggetti potenzialmente nocivi, anche se con lo sviluppo cognitivo l’uomo prova disgusto anche in relazione a pensieri o immagini particolari;- Gioia, è legata al raggiungimento di scopi;- Tristezza, è legata a scopi non (ancora) raggiunti;- Rabbia, è generata dalla frustrazione e si manifesta attraverso l’aggressività.Le emozioni complesse invece sono:- Imbarazzo,Vergogna- Senso di colpa,- Invidia,Gelosia.Queste emozioni, nello sviluppo umano, insorgono con l'introduzione di un sistema di valutazione cognitiva esplicita di tipo psicologico. Sia in senso ontogenetico, sia filogenetico, per percepire le emozioni complesse è necessario che il cervello raggiunga uno sviluppo maggiore. Dal punto di vista neurobiologico, i sistemi alla base delle emozioni complesse si valgono dell'interazione della neocorteccia con i circuiti neurali delle emozioni primitive. Oltre al talamo sensoriale e all’amigdala, coinvolti nella percezione delle emozioni di base, viene coinvolta la corteccia sensoriale permettendo una elaborazione più precisa dello stimolo emotivo ed una elaborazione più complessa e mirata della risposta emotiva.Ogni emozione ha in sé delle componenti fisiologiche costituite da risposte autonome (circolazione, respirazione, muscoli lisci viscerali), ormonali e scheletriche (postura, espressioni faccia, ecc), e componenti cognitive, caratterizzate dalla tonalità dell’esperienza, la memoria, la focalizzazione dell’attenzione. Il risultato di ogni emozione è comunque un cambiamento, tendenzialmente rapido e (almeno in parte) involontario, sia esterno sia interno, diretto all’azione.Esistono degli aspetti universali nelle emozioni, questi sono: le risposte fisiologiche, ossia come il nostro corpo modifica i suoi paramentri quando sentiamo una certa emozione (pressione, battito cardiaco, sudorazione, ecc), le espressioni del viso (studi transculturali hanno dimostrato che tutti gli esseri umani nel mondo esprimono le principali emozioni nello stesso modo: rabbia, tristezza gioia, ecc), e le situazioni prototipiche attivanti ossia sembra che di fronte a certe situazioni tipiche tutti gli esseri umani, indipendentemente dalla cultura, tendano a provare le stesse emozioni. Facciamo un esempio: veder ridere qualcuno suscita allegria, vedere un cucciolo o un bambino suscita tenerezza, perdere un affetto genera tristezza e disperazione, ecc). Ci sono anche, nelle emozioni, aspetti che variano da persona a persona e sono condizionati dalle differenze individuali e culturali. Ne sono alcuni esempi la valutazione soggettiva di situazioni o eventi specifici (es. avere paura o meno attraversando una galleria), le regole di espressione (es. differenze tra nord e sud Italia nelle manifestazioni della tristezza o del dolore, ad esempio durante una veglia funebre), e il significato delle emozioni nei diversi contesti: cioè sapere quando è positivo e opportuno provare determinate emozioni in una specifica situazione.Le emozioni si esprimono attraverso i canali dell’espressione emotiva, cioè le risposte fisiologiche (es: arrossire, respirazione accelerata, ecc), la voce, le espressioni facciali, la postura e il linguaggio. Mentre i primi sono considerati involontari, man mano che si procede verso il linguaggio i canali sono considerati sempre più volontari, cioè soggiacenti al controllo dell’individuo. Questo permette all’essere umano di modulare l’espressione di alcune emozioni per essere e sentirsi maggiormente adeguato nelle relazioni sociali che si trova ad affrontare quotidianamente.

Dott.ssa Sabrina Parasporo
Consultazione e Consulenza,Diagnosi, Sostegno Psicologico, Crescita Personale, Psicologia clinica - Trattamento Individuo, Coppia e Famiglia,Disturbi del comportamento alimentare, (anoressia, bulimia, obesità), Riabilitazione della disabilità. Traumi, Attacchi di Panico,Ossessioni, Disturbi del Sonno, Ipocondria, Disturbi Sessuali, Ansia, Fobie, Compulsioni, Disturbi infantili.

lunedì 21 marzo 2011

George Barbier (1882-1932) La nascita del Déco









George Barbier, artista, illustratore di moda, scenografo, celeberrimo in vita, velocemente dimenticato dopo una morte precoce, avvenuta a soli cinquanta anni, nel 1932, nel pieno del successo. Non lascia eredi, e dopo appena sei mesi le sue proprietà vanno all'asta, con l'intero corpus delle sue opere e la raffinata biblioteca. Su Barbier cala velocemente l'oblio; non così sulle sue immagini, talune ormai patrimonio dell'immortale contemporaneo, come la pantera nera simbolo di Cartier, grandissimo amico dell'artista.
«Immaginare la trasformazione del disegno inerte, quando una bella creatura viene ad animare il costume e sotto torrenti di luce a ornare gli ornamenti stessi. Comporre vivi mazzi di fiori e ruotare il rosone del caleidoscopio; diventare il mago che domina i sette colori e al quale sono sottomessi i quattro regni», sono parole di Barbier che ben illuminano su ciò che gli interessava fare.

Illustratore di libri, creatore di costumi per il cinema e il teatro, design ante-litteram di oggetti, gioielli, bicchieri in vetro, carta da parati che fu fra i suoi primi fragorosi successi, inventore di campagne pubblicitarie per Cartier, Renalut, Elisabeth Arden, ma soprattutto illustratore di moda. E per tutti coloro che pensano che la moda non sia espressione degna, giova citare la definizione che ne dà Anna de Noailles nel 1922 in uno dei testi commissionati da Barbier stesso per essere da lui illustrati: « Caro Amico mi chiedete di parlare ai vostri lettori della moda, vale a dire di quell'affascinante paesaggio artificiale che avvolge il corpo umano».

Mara








Dalle camicie di forza all’assistenza territoriale

 


28286_1135882573677_1725747811_242900_5539596_nFino al 1971 l’unica risposta per le persone che soffrivano di disturbi psichici erano i manicomi, internavano circa 120000 persone , l’80% delle quali entrava con ricovero coatto.
Pochissimi riuscivano a sentirsi meglio e a uscirne in breve tempo, i più diventavano “cronici”, “irrecuperabili” e restavano internati a vita, il numero di degenti di quell ’anno era oltre il doppio delle capacità di posti letto.
I manicomi negavano ogni dignità e diritto alla persona che soffriva, allontanavano e nascondevano chi aveva bisogno di aiuto,portavano alla morte civile del malato di mente, nei manicomi non finivano solo coloro con disturbi mentali ma anche anziani, disabili, tossicodipendenti, orfani o semplicemente persone scomode alla famiglia.
Dopo più di 25 anni dalla legge 180 del 78 il dato fondamentale emerso è che dai circa 100000 internati, senza assistenza pubblica nel territorio, si è passati a 60000 che sono in contatto con i servizi territoriali senza più manicomi. La legge 180 di Franco Basaglia sancisce la chiusura dei manicomi e l’assistenza territoriale per i malati di mente, si festeggia inoltre la fine delle camicie di forza,erano fatte di stoffa con legacci, utilizzate per decenni nei manicomi come mezzo di repressione, oggi reperto di museo.
Basaglia affermava che la miseria induce la sofferenza mentale, la miseria materiale ma anche spirituale ed esistenziale e aspirava ad un’organizzazione sanitaria con una rete di servizi preventivi.
La pratica dell’internamento è scomparsa solo in Italia e in altri pochi paesi, tutti gli altri, pur avendo ridotto i posti in O.P. e aumentato la risposta territoriale, continuano ad internare i casi più gravi. La presunta pericolosità del malato di mente ha sostenuto sempre l’ospedale psichiatrico separando pericolosità e malattia e la custodia dalla cura, bisogna però riflettere sul fatto che la persona che arriva all’ O.P. ha sopportato risposte mancate sia psichiatriche che assistenziali ed è questo il motivo della ormai grave patologia. Se non si pone attenzione a tutto ciò le camicie di forza rischiano di tornare con i meccanismi di esclusione sociale, con la contenzione nei luoghi ospedalieri e residenziali e con prolungati ricoveri coatti. Oggi nel caso di una persona pericolosa è applicabile il T.S.O., anche qui però bisogna porre la massima attenzione al rispetto della persona, della sua dignità e libertà, caso a parte sono gli ospedali psichiatrici giudiziari, perché al cittadino con un disturbo mentale non deve essere riconosciuto il fatto che ha commesso un reato e deve essere processato come gli altri cittadini?. Tutte le proposte di legge a riguardo sono fallite, gli unici passi avanti si devono a due sentenze della Corte Costituzionale : ” l’ingresso in O.P.G. deve essere motivato dalla pericolosità sociale attuale e se questa viene a scemare la misura di sicurezza deve essere interrotta, inoltre il tutto deve essere svolto in collaborazione ai servizi territoriali “.

Dott.ssa Concetta Riccio – Assistente sociale specialista

domenica 20 marzo 2011

Canzone


Il peso del mondo
è amore.
Sotto il fardello
di solitudine
sotto il fardello
dell'insoddisfazione

il peso,
il peso che portiamo
è amore.

Chi può negarlo?
In sogno
ci tocca
il corpo,
nel pensiero
costruisce
un miracolo,
nell'immaginazione
s'angoscia
fino a nascer
nell'umano -

s'affaccia dal cuore
bruciando di purezza -
poiché il fardello della vita
è amore,

ma noi il peso lo portiamo
stancamente,
e dobbiam trovar riposo
tra le braccia dell'amore
infine,
trovar riposo tra le braccia
dell'amore.

Non c'è riposo
senza amore,
né sonno
senza sogni
d'amore -
sia matto o gelido
ossesso d'angeli
o macchine,
il desiderio finale
è amore
- non può essere amaro
non può negare,
non può negarsi
se negato:

il peso è troppo

deve dare
senza nulla in cambio
così come il pensiero
si dà
in solitudine
con tutta la bravura
del suo eccesso.

I corpi caldi
splendono insieme
al buio
la mano si muove
verso il centro
della carne,
la pelle trema
di felicità
e l'anima viene
gioiosa fino agli occhi -

sì, sì,
questo è quel
che volevo,
ho sempre voluto,
ho sempre voluto,
tornare
al mio corpo
dove sono nato.

Allen Ginsberg, 1954

sabato 19 marzo 2011

Il manifesto che non vedremo mai!


La notizia: Il CAM (museo di arte contemporanea) presente a Casoria – provincia di Napoli – inaugura il 19 marzo la mostra “Far West” a cura di Fabio Manfredi, per pubblicizzare tale evento sono stati previsti dei manifesti (ideati da Sebastiano Deva) in cui si invita a firmare una proposta di legge che prevede la pena di morte per i camorristi. Il sindaco di Napoli ha deciso di rimuovere tali manifesti.
Il commento: Gli amministratori pubblici molto spesso fanno della lotta alla criminalità organizzata un loro vanto, ma sovente ci accorgiamo che realmente fanno poco o niente; vogliamo dare per scontata la buona fede – in questo caso ed in moltissimi altri – e pensiamo solo che se “…uno il coraggio non lo ha non se lo può dare……” ma amministrare la cosa pubblica presuppone anche e soprattutto in determinate aree del nostro paese una lotta dura alle mafie, quindi se non si ha il coraggio di opporsi l’amministratore dovrebbe dimettersi!!Nessuno lo obbliga a comportarsi da eroe però per onestà intellettuale alla fine del mese dovrebbe rinunciare allo stipendio milionario!
unlike

venerdì 18 marzo 2011

Kettly Noël


Kettly Noël, danzatrice, coreografa e docente, che con il suo centro coreografico Donko Seko, porta avanti da anni con spirito pionieristico, una battaglia per la formazione dei giovani di strada attraverso la danza contemporanea.

Kettly Noël è presente al festiva Anticodes , festival "indisciplinato" così lo definisce il suo stesso fondatore Jaques Blanc....dove propone spettacoli di musica e danza e teatro accomunati soltanto dalla carica sperimentale, innovativa e spesso provocatoria.

Mara

giovedì 17 marzo 2011

Miti e leggende


La nascita degli alberi

Gli egiziani, ai tempi dei faraoni, adoravano Ra, il signore dell’Universo. Ra era l’ordine, era il caos, era tutto, era lui a decidere chi doveva essere felice e chi non doveva. Ra non aveva regole: comunicava le sue decisioni e tutti tremavano davanti a lui. Un giorno qualcuno raccontò a Ra che un uomo e una donna erano diventati felici senza il suo permesso. “Impossibile”, disse Ra “chi sono”? Si chiamano Geb e Nut e sono tuoi nipoti. E come fai a dire che sono diventati felici? Hanno scoperto un modo per esserlo, rispose la spia “vivono al buio, si amano, si baciano e quando si abbracciano fanno battere i cuori nello stesso momento”. “Vai da loro e separali”, comandò Ra “e trova un modo perché non si possano mai più incontrare nella vita!”La spia, che si chiamava Shu, s’incamminò verso il luogo dove Geb e Nut erano nascosti e li trovò teneramente abbracciati:  Nut copriva con il suo corpo il corpo di Geb e lo baciava sulla bocca, Geb aveva una corona di capelli arruffati e una barba striata fatta di siepi di bosso. Nut aveva un corpo bianchissimo, pallido come una distesa di neve appena illuminata dalla luna. Shu piombò come una furia tra i due, calpestò con i piedi il corpo di Geb e sollevò in aria Nut al di sopra della testa. E fu così che Nut  divenne il cielo e Geb la terra. Sul corpo di Nut, in ogni punto dove Geb aveva deposto un bacio, sorse una stella e sul corpo di Geb spuntarono mille e mille alberi, tutti con i rami protesi verso il cielo, come braccia di amanti disperati. Dagli occhi di Nut cominciò a scendere una pioggia silenziosa e piccoli rivoli scivolarono dolcemente tra gli alberi e tutt’intorno nacquero i fiori”.
Unlike

martedì 15 marzo 2011

ULAY



Ulay, pseudonimo di Uwe Laysiepen, a 68 anni guarda al futuro con la trepidazione di un giovane. L'artista tedesco è una figura chiave della performance art di questi ultimi decenni.
E' stato un pioniere dell'uso artistico della Polaroid (un mezzo povero) e del rapporto tra fotografia e live performance. E due sono le caratteristiche che definiscono la nicchia che si è creato nel mondo dell'arte contemporanea: il rifiuto di avere uno stile riconoscibile (un suo slogan è "no signature style"), e la costante ricerca di collaboratori. Non l'artista demiurgo, ma l'artista in dialogo con uno o più partner, e che creano opere collettive
L'idea a cui Ulay sta lavorando nel suo nuovo e grande progetto, che segna il suo ritorno al centro della ribalta, verte attorno all'acqua: "� uno dei quattro elementi primari secondo la filosofia greca", dice, "ma oggi le risorse sono drammaticamente a rischio". Un altro artista politicamente corretto ed "engagé"? No.
"Per anni il mio corpo è stato strumento e oggetto della mia arte. Invecchiando ho sentito la necessità di sostituire il mio corpo e nell'acqua ho trovato il sostituto ideale".

Mara





lunedì 14 marzo 2011

ONDATA POP A TORINO: INAUGURA LO SPAZIO SANSOVINO ARTE CONTEMPORANEA



In Via Sansovino 243/25g, non lontano dal centro di Torino, ha recentemente inaugurato la propria attività espositiva e organizzativa di performance, concerti, dj-set, sfilate e art-party, lo Spazio Sansovino Arte Contemporanea, un bianco e arioso loft di circa trecento metri quadri concepito da Angelo Barile: artista e organizzatore. 

L’idea del nuovo Spazio no-profit è divenuta realtà grazie al sodalizio stretto con Edoardo Di Mauro: co-direttore artistico della GAM dal ’94 al ’97, direttore del Museo d’Arte Urbana e docente all’Accademia Albertina, direttore dello storico spazio no-profit della Galleria VSV attiva a Torino dal 1984 al 2000 e attuale co-direttore artistico della Fusion Art Gallery; Alessandro Icardi: giovane operatore culturale, direttore artistico della P.O.W. Gallery tramite cui gestisce varie locations, quali la Torre Medievale di Almese, il Castello di Montaldo, la Loggia di San Sebastiano e lo Spazio Sligge a Ovada, anche curatore della comunicazione grafica e web gestita da Onions, una propria emanazione; e Daniela Bombardiere: responsabile dell’Ufficio Stampa. 

Date le caratteristiche dello spazio stesso e quelle della zona periferica in cui è inserito, l’intenzione di Barile, Di Mauro, Icardi, è di realizzare una vera e propria factory. Accanto allo Spazio Sansovino Arte Contemporanea, infatti, sono presenti attività manifatturiere, commerciali e di servizi per cui è prevista una forte crescita già dal 2012, in concomitanza alla gestione in proprio dello Stadio delle Alpi da parte della Juventus. 

Ma la peculiarità di questo nuovo “contenitore artistico” è la volontà di dedicarsi ad attività multidisciplinari e seguire, in particolare, le correnti neo-pop e street-art, il fumetto, il design, l’illustrazione e la grafica d’autore, oltre a vari aspetti della fenomenologia artistica dagli anni Ottanta ai giorni nostri. Il tutto, in sinergia all’attività delle altre realtà da loro gestite e a quella delle istituzioni pubbliche e private. 

Non a caso, il tema della mostra d’arte con cui la sede inaugura è Neopopulart, una collettiva di opere pop e street-art degli artisti: Angelo Barile, Luciano Civettini, Matteo Ferreri, Monica Garone, Agnese Gemetto, Marco Minotti, Massimiliano Petrone, Silvio Porzionato, Sam Punzina, Vania Elettra Tam, Fabrizio Visone, Angelo Volpe, il cui simpaticissimo pop-catalogo quadrato è delle dimensioni di cm 7,5 x 7,5 ed è inserito in una scatola dal packaging accattivante che è la trasposizione del logo in oggetto tridimensionale e reale, con tutte le carte in regola per diventare il divertente must have di culto tra gli art-addicted e gli art-aholic del capoluogo sabaudo, quanto status-symbol dei seguaci delle stampe seriali della zuppa Campbell.


Renata Panizzieri Lanza



sabato 12 marzo 2011

Gli isotopi ai tempi di Omero (ovvero: crisi nucleare in Giappone)




GLI ISOTOPI AI TEMPI DI OMERO

Gli isotopi ai tempi di Omero

non avevano l'intelligenza,

la potenza

che grazie a noi oggi hanno...

Non sapevano puntare

né ferire i secoli e i millenni;

non sapevano attraversarli

pressoché indenni.

Poi...

ci abbiam pensato noi

a dar lor questo potere.

E quando ogni atomo di carne

pur essendo uguale a se stesso

non sarà più tale,

la nostra discendenza -

guardando in cielo un'aquila volare

un corso d'acqua,

un cavallo galoppare -

potrà pur sempre chiedersi

oltr'ogni eredità,

ogni male,

se ciò sia stato un bene.

E di quale cielo,

di qual volteggio,

di qual galoppo,

o acqua...

stiasi trattare.

(Ottobre - 1995)

Attuale, vero?

al popolo del Giappone
che vive oggi una prova senza precedenti.



venerdì 11 marzo 2011

SUZUKI HARUNOBU e JOHN MARIN ALL'ART ISTITUTE DI CHICAGO


L'Art Institute di Chicago ospita fino al 3 aprile la mostra Egoyomy: Japanese picture calendars, in cui sono esposte circa quaranta egoyomy: le stampe giapponesi che uniscono calendario e arte pittorica.
Fino al 1873 il calendario giapponese era basato su un sistema lunare diviso in mesi lunghi, costituiti da trenta giorni, e brevi, della durata di ventinove giorni.
Poiché la sequenza dei mesi lunghi e di quelli brevi cambia annualmente, l'ordine degli stessi è stato registrato sottilmente e abilmente nelle immagini lussureggianti delle stampe egoyomy.
Queste ultime fiorirono durante l'era di Meiwa (1764-1771) quando le leggi dello shogunato sancivano che solo e soltanto pochissimi editori potessero essere autorizzati a produrre calendari per il pubblico.
Il caposcuola della progettazione della stampa realizzata con questa tecnica è Suzuki Harunobu (1725-1770) la cui arte unisce graziose figure femminili e abili allusioni alle antiche leggende.
In una delle immagini presenti in mostra, il patriarca Zen Daruma è raffigurato in compagnia di una cortigiana e il particolare della nervosa bramosia insita nei suoi occhi, esalta il lato divertente della scena. I numeri dei mesi brevi dell'anno 1765 sono mimetizzati all'interno dei medaglioni della fascia della donna, mentre quelli dei mesi lunghi sono sparsi nel petto villoso del Daruma.


Altra mostra interessante, presente all'Art Institute di Chicago fino al 17 di aprile, è quella dedicata al modernista americano John Marin (1870-1953) uno dei più celebrati artisti statunitensi, la cui influenza ha caratterizzato la nascita e lo sviluppo, anche, del movimento astratto americano.
Per la prima volta il Museo espone al pubblico la propria collezione delle opere di Marin, il cui approccio alla tecnica dell'acquerello è reso dall'immediatezza del segno e del colore, dalla gestione perfetta dei pigmenti, della prospettiva e del movimento.

ITALIANE


Dall'8 marzo all'1 aprile 2011 il Salone aulico di Villa Amoretti n. 200 a Torino ospita la mostra "Italiane", curata da Renata Panizzieri Lanza e Gianluca Polastri. 

L'evento nasce a latere dell'antologia di racconti "Italiane", curata da Cristina Tessore e Serena Gaudino per la Casa Editrice Lineadaria, trasponendone i contenuti dal libro al quadro. I linguaggi artistici della letteratura e della pittura si fondono per celebrare le donne che, in sordina nella storia, hanno apportato il loro contribuito all'unificazione dell'Italia. Fra gli artisti presenti: Roberta Arias, Andrea Aste, Laura Astengo, Lidia Bachis, Massimo Battaglio, Sarah Bowyer, Roberta Camilloni, Gabriele Colletto, Francesco D’Agosto, Andrea Dalmasso, Andrea Gatti, Dario Gazziero, Maurizio Giannico, Pinetta Gramola, Caterina Luciano, Fernanda Menendez, Andrea Paolini, Marco Sciarpa, Andrea Varca.
Ingresso libero.

martedì 8 marzo 2011

Martha Argerich



Martha Argerich è una stella imprevedibile. Ed eccentrica. Così come scapricciato e istintivo è il suo tocco sulla tastiera.
Una delle figure più affascinanti e ineffabili salite alla ribalta nel gran circo della musica..“Non si può suonare se non si vive, anche se si può vivere senza suonare” ha detto più volte, parafrasando se stessa (“amo suonare il pianoforte ma detesto essere pianista”).
"La bellezza che si sprigiona dalla sua figura, la tecnica favolosa di cui è in possesso, la naturalezza del suo fare musica, ispirato e scapricciato, sono soltanto la superficie di un'anima che non mette in mostra queste doti per farsene bella, ma le indirizza verso un senso poetico di precarietà e di fragilità intimamente vissuto e trasfigurato. Se compito dell'arte è fare domande senza dare risposte definitive, Martha fornisce risposte ad altre domande, all'infinito, determinando però quel momento magico nel quale una risposta esiste ed è bellissimo sentirsela dire compiutamente. Forse questo paradosso è possibile soltanto in un'arte per sua definizione riproduttiva come la musica, nella quale l'interprete è il tramite tra ciò che è fissato sulla carta una volta per tutte e ciò che viene ricreato ogni volta in modo diverso. Ma di questo paradosso Martha Argerich è la dimostrazione vivente. Un'incarnazione nella metafora artistica dell'"eterno femminino" che trae verso l'alto, o più semplicemente la pianista predestinata che non volle farsi regina, per rimanere una donna normale, ma non qualsiasi."(Sergio Sablich)

Mara


sabato 5 marzo 2011

IL SACRO BOSCO DI BOMARZO







Giardino delle meraviglie
Bomarzo è un piccolo paese dell’alto Lazio, arroccato su di una collina tufacea, proprio accanto alla valle del Tevere. Tutto il paese è dominato dal grande, sfarzoso, palazzo della famiglia Orsini, che ebbe per molti secoli un ruolo notevole negli affari romani.

Secondo i racconti, il bosco sarebbe dedicato ad un grande amore, la moglie, fino a dedicarle alla sua morte il cosiddetto Tempio, che si trova su una piccola altura all’interno del parco.
Tanti aggettivi sono stati dedicati a questo parco monumentale, come tanti dipinti ed anche molti versi di pittori e di poeti. Alcuni lo chiamano come “bosco sacro”, o come “bosco iniziatico”, che, nelle intenzioni del Principe Orsini, voleva segnare il percorso di evoluzione dell’uomo. È probabile invece che volesse solo dar vita ad un gigantesco palcoscenico fatto di mostri di pietra, animali fantastici ed Eroi .

Mara