"Molte voci ha il mare, molte voci e molti Dei" (T. S. Elliot). Sin dal tempo in cui da ragazzo scoprii il mondo sottomarino e mi sembrò di penetrarne più a fondo il mistero, il mare mi parlò con le sue molte voci, attraverso immagini fisiche che producevano immediatamente immagini mentali. Sott' acqua i pensieri sono vaghi e fluttuanti e seguono il moto ondulante delle pinne. Lo sguardo non lega i pensieri a cose conosciute perché sott' acqua le forme marine sono diverse da quelle terrene e in perpetua metamorfosi, anche i pensieri perciò sono più liberi e lontani da quelli terreni. Quando il mare era ancora un Eden e trafiggere un pesce era cosa naturale e non era un peccato; quando in quel mare nuotavo come un dio che dà la morte armato di folgore - e folgorante era il fucile d' alluminio che reggevo nella mano colpito dai raggi del sole - mi capitava spesso di incontrare un «pesce intelligente», un pesce di notevoli dimensioni e se si avvicinava e ti veniva a tiro era sempre un' emozione che faceva battere il cuore. L' ho chiamato un «pesce intelligente» perché sembrava conoscere a perfezione la portata del mio fucile. Sarebbe bastato accorciare di pochi centimetri o anche di un solo centimetro la distanza che ci separava, per trafiggerlo con l' asta, e io mi sforzavo nuotando di accorciarla. Ma era fatica sprecata. A volte questo tentativo di avvicinamento durava a lungo, anche perché avevo sempre l' illusione di farcela, bastava un niente. E invece quel pesce intelligente sembrava prendersi gioco di me, perché nuotava tranquillo davanti a me senza l' allarme dell' animale inseguito, e mi agitava, per così dire, la coda sotto il naso. A volte si fermava per un istante a brucare l' alga di uno scoglio, ecco ci siamo! Ma la sosta era breve e la distanza era sempre quella. Dopo un' ora di questo inseguimento ostinato in cui mi sembrava di essere io la preda e il pesce intelligente il predatore, troppo affannato per proseguire la caccia, ci rinunciavo. Questa del pesce intelligente era una delle immagini fisiche che presto si trasformò nell' immagine mentale del desiderio vanamente inseguito di cui spesso feci esperienza nella mia adolescenza. Quante volte inseguii qualcosa, non solo una ragazza, una qualsiasi cosa che mi stava a cuore, con la stessa ostinazione e lo stesso risultato! E anche più tardi, quando da scrittore inseguivo un' idea quante volte quest' idea si comportò come il pesce intelligente! E quante volte sentii incombere sopra ogni riga che scrivevo l' ombra e la tentazione del fallimento! E ora se penso a Dio ancora mi viene in mente il pesce intelligente e il mio vano affannarmi. Allora, in quei giorni, quando me ne andavo con la barca in mezzo al mare appariva spesso a prua una macchiolina bianca, una farfalla che batteva le ali sfarfallando nell' azzurro immenso. Dove va la sventata? Non si accorge che l' azzurro è sconfinato e quando non ce la farà più a sfarfallare il mare la inghiottirà? Perché va sempre al largo, nell' aer perso dove si perderà, e non verso riva dove si salverà? Dicono i marinai che quella farfalla che appare in mezzo al mare è l' anima d' una persona amata che viene a trovarci e ci indica la strada per raggiungerla. Un' «animula vàgula e blandula» che candida e tremula già m' accompagna per un tratto e mi fa pensare ad un altrove oltre l' azzurro illimitato. Così l' immagine di quella farfalla si trasformava nella corrispondente immagine mentale; così la macchiolina bianca col suo folle volo mi consegnava alla metafisica azzurrità e al suo insistente richiamo; e così la barca che mi trasportava diventava un fuscello, una pagliuzza nella grande corrente universale che va dove tutto tende. Capitava anche - e questa è un' altra immagine - quando il mare era agitato e io nuotavo a caccia di pesci ai bordi di una scogliera semisommersa, che le onde mi spingessero con forza contro gli scogli. Se resistevo alla spinta dell' onda inevitabilmente finivo contro le punte aguzze affioranti, mi ferivo e sanguinavo. Meglio rischiare affidandosi al moto dell' onda in un totale abbandono come un sughero galleggiante lieve in superficie, così l' onda mi portava a pochi centimetri dagli scogli, li sfioravo nella schiuma vorticosa, senza però toccarli, e solo per un pelo non mi ferivo. La stessa onda ritirandosi mi afferrava e mi risucchiava portandomi lontano dalla scogliera. Così capii che affidarsi alla vita rischiando era meglio che resisterle, purché nell' affidarmi fossi rimasto sempre cosciente della situazione in cui mi trovavo. Questo mi suggeriva la voce del mare che ancora oggi da lontano mi raggiunge."
Raffaele La Capria
(Inseguendo la Voce del Mare)
Oggi, 3 ottobre 2012, Raffaele La Capria, nato a Napoli nel 1922 festeggia i suoi 90 anni , scrittore e sceneggiatore italiano.Dopo essersi laureato in giurisprudenza a Napoli nel 1950 ed aver soggiornato in Francia, Inghilterra e Stati Uniti, ha vissuto a Roma. Collabora alle pagine culturali del Corriere della Sera, è condirettore della rivista letteraria Nuovi Argomenti ed autore di radiodrammi per la Rai. Nel 1957 ha frequentato a Harvard l'International Seminar of Literature. È stato anche co-sceneggiatore di molti film di Francesco Rosi, tra i quali Le mani sulla città (1963) e Uomini contro (1970) e ha collaborato con Lina Wertmüller alla sceneggiatua del film Ferdinando e Carolina.
Nel settembre del 2001 ha ricevuto il Premio Campiello alla carriera e nel 2002 gli viene assegnato il Premio Chiara, sempre alla carriera. Nel 2011 gli è stato assegnato il premio Alabarda d'oro alla carriera per la letteratura.
Più recentemente, ha collaborato per la Giulio Perrone Editore.
È sposato con l'attrice Ilaria Occhini.
Nessun commento:
Posta un commento