sabato 16 aprile 2011

Bengasi, morte di uno street artist

 

 

bengasiSi chiamava Kais al Hilali e per aver dipinto questa immagine di Gheddafi su una rotatoria di Bengasi è stato ucciso da dei cecchini. Non sappiamo molto di lui,  se non le immagini che sono girate in questi giorni. E che evidenziano una grande forza espressiva, una capacità di declinare l’arte nel senso di una lotta di libertà. Questa immagine  di Gheddafi era apparsa un paio di settimane fa sul Corriere della Sera, senza nessun riferimento al suo autore. Campeggiava in mezzo ad una pagina, evidenziando una forza che mi aveva colpito: aveva fatto bene il grafico a sceglierla per dare un senso del sentimento che stava sollevando tanti libici contro Gheddafi. Oggi, navigando per blog, ho scoperto chi ne era l’autore: la morte lo ha portato alla ribalta. Altrimenti questo street artist di straordinaria grinta illustrativa sarebbe rimasto nell’anonimato. È un destino che fa pensare a tante cose: al talento degli ignoti, alla forza che le immagini ancora possono trasmettere, al pericolo che possono evocare. Il Gheddafi di Kais al Hilali è un Gheddafi che parla con il suo volto, con quegli occhi iniettati di rosso, con quella bocca abbruttita dalla crudeltà. Più che un ritratto è un implacabile epitaffio. Mi veniva in mente che per produrre un’immagine così non basta l’odio politico. Ci vuole anche un senso della drammaticità della situazione, della mostruosità che il potere a volte assume. C’è molto dolore in questo murales; è per questo che sa essere così implacabile.

Giuseppe Frangi

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