lunedì 18 aprile 2011

Un'utopia chiamata "Olivetti"



“Se il mondo che nasce vuole evitare nuove catastrofi e volgere verso mete superiori, occorre creare una società in cui la Persona abbia la possibilità immediata di esplicare la propria umanità e spiritualità” .
Chi era Adriano Olivetti? Un sognatore, un utopista, o era invece un grande imprenditore, capace di portare la piccola azienda di famiglia a competere alla pari con i giganti del mercato mondiale della sua epoca? Sicuramente era una figura scomoda e considerata da molti ingombrante, sia come concorrente industriale che come portatore di un modello sociale per certi versi “rivoluzionario”.
Adriano Olivetti nasce ad Ivrea l'11 aprile del 1901 , industriale ma anche intellettuale, urbanista, editore. Scomparso il 27 febbraio del 1960, è stato capace di abbinare le logiche e i successi dell'impresa ad un progetto sociale ancora oggi innovativo.
Ha cambiato la concezione tradizionale della fabbrica, definendo nuove modalità di abitare lo spazio del lavoro affermando che “la fabbrica è per l’uomo e non l’uomo per la fabbrica”.
Il suo era un sogno industriale, che certamente mirava al successo e al profitto, ma anche un progetto sociale che implicava una nuova relazione tra imprenditore ed operaio.
Nel 1945, dopo la fine della guerra, torna ad Ivrea . La sua convinzione è che il fine dell’impresa non debba essere solo il profitto e che sia necessario reinvestire il profitto per il bene della comunità. La fabbrica di Ivrea diventa presto il modello di un’organizzazione del lavoro improntata sull’uomo reale, lontano dall’uomo disumanizzato della catena di montaggio. Dalle linee di montaggio si passa infatti alla formazione delle cosiddette “isole”, nelle quali un gruppo di operai specializzati è in grado di montare, controllare e riparare un prodotto finito o una parte completa di esso. La fabbrica è dotata di molte strutture ricreative e assistenziali: biblioteche, mense, ambulatori medici, asili nido, ecc.
Ad Ivrea si è costruita la “città moderna”, esempio unico in Europa, fatta di residenze, asili, fabbriche, servizi per la comunità. Per trent’anni Ivrea ha rappresentato il luogo della sperimentazione nell’architettura, nella comunicazione e nella cultura proprio grazie alle innovazioni introdotte.
Luigi Figini e Gino Pollini , giovani architetti milanesi , convinsero Olivetti ad affidare loro l’ampliamento dello stabilimento in mattoni rossi costruito dal padre Camillo a fine Ottocento. Nacque così il primo edificio modernista con la facciata libera in vetro raccordato alla struttura esistente con un passaggio sopraelevato. La scelta della trasparenza va letta, non solo architettonicamente, ma nel significato che ha assunto nel tempo, come etica e morale nei confronti del lavoro svolto all’interno della fabbrica e visibile dalla strada: una forma di democrazia e trasparenza nell’agire quotidiano dell’Olivetti.
Adriano Olivetti era una persona che sapeva ascoltare e che usava il dialogo come unica alternativa allo scontro. Il suo pensiero è ancora oggi attuale per quanto riguarda l’architettura, la difesa del paesaggio, l’urbanistica, la civiltà industriale, l’economia di mercato.

Mara







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