venerdì 24 febbraio 2012

Happy days-Samuel Beckett




"Eh, sì, così poco da dire, così poco da fare, e una tale paura, certi giorni, di trovarsi… con delle ore davanti a sé, prima del campanello del sonno, e più niente da dire, più niente da fare, che i giorni passano, certi giorni passano, passano e vanno, senza che si sia detto niente, o quasi, senza che si sia fatto niente, o quasi (…)"




Giorni felici (Happy days) è un dramma in due atti di Samuel Beckett del 1961.
Rappresenta uno dei momenti più alti del teatro beckettiano. La situazione è portata al parossismo, costringendo i protagonisti all'inazione quasi totale in una lenta scarnificazione dei mezzi espressivi propri del teatro.

Winnie, il personaggio principale, è una donna sulla cinquantina, bionda, grassottella. È sepolta fino alla vita in un alto cumulo di sabbia. Ha una capiente sporta nera piena di oggetti interessanti incluso un pettine, uno spazzolino da denti, un dentifricio, un rossetto, una lima per unghie ed un organetto. Ha anche un parasole ed una rivoltella, che ama accarezzare. Il suono stridente di un campanello isolato e fuori scena scandisce le ore di veglia da quelle del sonno. Il dramma inizia con il suono del campanello e l'affermazione di Winnie:

« Un altro giorno divino. »

Winnie è infatti felice della sua esistenza, seppure immobile: nonostante quanto possa capitare, afferma senza ombra di dubbio che quello sarà sicuramente un altro giorno felice.
Suo marito Willie, un uomo sulla sessantina dal cranio sfondato e vuoto, vive in una cavità del cumulo di sabbia alle spalle della moglie, quasi fuori dal suo campo visivo per l'impossibilità di movimento di lei. Al contrario di Winnie può ancora muoversi, anche se l'unico modo per farlo che ha è quello di strisciare su tutto quanto. Durante il corso del primo atto esce dal suo buco solo per leggere il giornale e per masturbarsi, seduto dietro al mucchio e con le spalle al pubblico. Nonostante il chiacchierio continuo di Winnie e le continue richieste da parte di lei di una risposta, Willie si esprime a monosillabi leggendo piccole citazioni dal giornale, solo a conferma che riesce ad ascoltarla.

Nel secondo atto, aperto come il primo dal suono del campanello, Winnie è sepolta fino al collo, con la sola testa fuori dal cumulo di sabbia. Continua a parlare, ma non può più raggiungere la sua borsa né voltarsi per guardare il suo amato Willie. È sorprendentemente ottimista durante tutto il dramma, solo pochi accenni alla monotonia e al fatto che suo marito viva alle sue spalle fanno presagire una sottile amarezza della sua condizione. La pièce si conclude con Willie che striscia fino a Winnie vestito di tutto punto, mentre lei lo osserva amorevolmente cantando un motivetto ascoltato dall'organetto nel corso del primo atto.




"Winnie non è una borghesotta logorroica che straparla a casaccio, è un’eroina in lotta con quel mascalzone di dio che tenta di piegare la sua tempra mettendola in situazioni via via più insopportabili. Quando non avrà più niente, se non una bocca riarsa che spunta dalle macerie, canterà, con un filo di voce roca ma indomata, un valzer della Vedova allegra.
“Tace il labbro…”
Ogni sera, a quel punto, mi veniva in mente la frase di Stendhal: “Dio ha la sola scusa di non esistere”. ( Anna Proclemer)

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