sabato 19 novembre 2011

La Kryptonite nella borsa-L'accettazione della diversità



"Quando ho scritto la Kryptonite nella borsa non avrei mai pensato che ne avrei tratto un film".
Ivan Cotroneo, scrittore e sceneggiatore di successo per il cinema e la tv, oggi anche regista apprezzato ,che è riuscito nel compito non facile di convincere pubblico e critica all'ultimo Festival del Film di Roma. Ci è riuscito grazie a un film tratto dal libro del 2007, che si inserisce tra i lavori d'autore e le pellicole più commerciali, pur essendo lontano anni luce da cinepanettoni e cinematrimoni all'ombra della torre Eiffel.
Ieri il regista napoletano, prima della proiezione ha incontrato il pubblico del Duel Village di Caserta, accompagnato dai suoi giovani attori Luigi Catani e Vincenzo Nemolato. Sono loro i veri protagonisti della vicenda, due esordienti a cui Cotroneo ha affidato rispettivamente il ruolo principale e la morale del film. “Un set – come ha dichiarato il regista - attorno al quale si sono aggregate molte energie. Ho avuto la fortuna di avere grandi attori, che hanno scelto di prender parte a questo lavoro anche con piccole parti, come il cameo muto di Anita Caprioli. E ho fatto un lungo lavoro di ricerca per i ruoli di Gennaro e Peppino, parte, quest’ultima, per la quale ho visionato più di cinquecento bambini candidati. Ma portare il mio romanzo sullo schermo non è stato difficile grazie ad una troupe felice e consapevole”.
L'immagine d'apertura della pellicola è il primo piano del viso di un bambino: una massa di riccioli neri e un enorme paio di occhiali che nascondono due occhioni blu e davanti ai quali sfila un mondo variopinto e strampalato. Siamo nella Napoli degli anni '70 dei figli dei fiori e il bambino miope è Peppino Sansone, nove anni e una famiglia scombinata alle spalle.(....)
Le storie, dei libri come dei film - dice Cotroneo - possono essere importanti per parlare del mondo in cui viviamo”.
E a ben vedere, il mondo del 2011 non è così diverso, a eccezione che oggi non si ha neanche più un eroe immaginario salvifico che ci afferra la mano mentre cadiamo. Non c’è niente di scontato in questa storia, che non scade nella commedia facile infarcendola di trash e battute volgari, ma in modo lieve e delicato veicola messaggi e invita all’accettazione della diversità. In fondo “a stare un po’ da soli, a essere un po’ particolari, non c’è nulla di male”.
(Angela Lonardo)



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